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Acqua bene comune, non per la politica
A distanza di quasi due anni dal referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici poco o nulla è cambiato. Ne parliamo con Emilio Molinari, presidente del "Comitato Italiano Contratto Mondiale sull'Acqua"
Il 12 e 13 giugno 2011 26 milioni di italiani hanno votato Sì a due referendum per l’affermazione del principio: “Acqua come bene comune”. A distanza di quasi due anni poco o nulla è cambiato e in particolare, per ciò attiene al secondo quesito referendario, che bocciava come incostituzionale quel 7% in bolletta a titolo di remunerazione del capitale investito, si continua a fare finta di niente. Con Emilio Molinari, presidente del Comitato Italiano Contratto Mondiale sull'Acqua.
Il 22 marzo si celebra la “Giornata mondiale dell’acqua”. Un occasione per capire a che punto è la situazione in Italia anche alla luce dei risultati ottenuti dal referendum del 2001. Cosa fare?
Diciamo che la situazione è in pieno stallo e non solo in termini negativi. Se un risultato, infatti, il referendum l’ha ottenuto è quello di aver arrestato il processo di privatizzazione dell’acqua. Basti pensare al maldestro tentativo dei sindaci del nord (Pisapia a Milano e Fassino a Torino, in testa) di creare una multiutility dell’Acqua al nord. Una operazione che avrebbe incorporato tutti gli attuali gestori dei servizi idrici del nord, compresi quelli privati e quotati in borsa, che avrebbe portato alla creazione di un mostro che avrebbe inglobato, con logiche di mercato, anche il resto d’Italia. Una idea malsana fortunatamente bloccata dai cittadini di Milano, Torino ma anche Piacenza, Mantova Lecco ecc. Nel referendum noi chiedevamo proprio il contrario. Noi affermavamo la contrarietà a qualunque forma di privatizzazione, anche quella in house. Per noi una spa al 100% in mano pubblica rimane privata. Ragiona cioè con logiche economiciste lontane dall’idea di acqua come bene comune inalienabile. Noi vogliamo che nessun soggetto di diritto privato si debba occupare di un bene pubblico. Chiedevamo inoltre un ulteriore scatto di qualità: la partecipazione dei cittadini. Il modello di riferimento deve essere quello delle municipalizzate che al di là di alcuni casi funzionavano benissimo. Un po’ come sta accadendo nel resto del mondo, come in Francia dove a Parigi, Lille de France, Grenoble i cittadini si sono ripresi la propria acqua, così come in Spagna, Germania. Grande attenzione c’è anche in Belgio, Olanda. In America latina: in Argentina, in Bolivia in Equador, hanno cambiato la costituzione. C’è un grande fermento internazionale riconosciuto anche dall’Onu che finalmente ha accettato di dichiarare l’acqua “Diritto umano universale” e quindi indisponibile.
La grande avanzata del movimento 5 Stelle di Grillo sembra aver riproposto il tema dell’acqua al centro dell’attenzione politica. E' così?
Io direi tutt’altro. E’ vero che il Movimento cinque stelle ha posto questo tema al centro della sua azione politica ma a tutt’oggi non se ne parla. Così tutti gli altri. Si parla molto di agenda Bersani, agenda Renzi, agenda Grillo, ma in nessuna di queste agende l’acqua viene segnalata come priorità. Si parla tanto di costi della politica. Andassero a vedere quanto prendono i presidenti delle varie aziende che gestiscono il servizio idrico, per non parlare dei membri del cda. La questione ambientale è l’altro aspetto della crisi. Il grande coinvolgimento precedente al referendum è scemato in molti partiti, primi fra tutti Sel e Rifondazione comunista. In questo c’è anche dell’autocritica al movimento dell’Acqua in questo momento incapace di imporre la questione.
Sulle nuove tariffe imposte dall’Authority si è aperto però un nuovo fronte. Nessuno ha gridato allo sandalo, movimenti a parte. Perché?
Le nuove tariffe imposte dall’Autorità per l’Energia e il Gas ignorano totalmente quanto disposto dal quesito referendario introducendo, sotto mentite spoglie, la quota di remunerazione del capitale anche se in forma ridotta e poi c’è la questione dei soldi da restituire. Il Consiglio di Stato a febbraio confermando quanto già stabilito precedentemente dalla Corte Costituzionale ha sancito la rimborsabilità di quanto versato illegittimamente dai cittadini per il periodo 21 luglio 2011-31 dicembre 2011. Una sentenza ambigua che da un lato ribadisce la volontà referendaria dall’altro però non spiega cosa debba accadere per il periodo successivo. Tutto questo accade nel disinteresse più totale.
Quest’ultimo anno di governo tecnico che eredità ci ha lasciato?
Beh direi disastrosa. E’ Monti che ha voluto assegnare la gestione dell’acqua all’Autorithy del gas e dell’energia. E’ quest’ultima infatti a gestire la tariffazione sottraendo ogni potere ai comuni e quindi al controllo dei cittadini. Noi crediamo che tutta la questione debba ritornare in mano agli Ato perché il ruolo dei comuni è fondamentale per riaffermare un potere dei cittadini. La questione tariffaria per noi è solo il preambolo. Il nostro discorso originario non si limita alla quota di remunerazione del capitale o meno. Questo è un punto del nostro cammino che si rifà ad una affermazione più generale dell’acqua come bene primario e quindi sottratto ad ogni logica di mercato. Le spese vanno ripartite nella fiscalità generale e devono garantire 50 litri di acqua (limite minimo per la sopravvivenza) ad ogni cittadino. In tariffa dovrebbero andare solo le spese per i livelli maggiori di consumo in modo da educare i cittadini al risparmio di una risorsa scarsa.
Giuliano Rosciarelli - Roma
Link: Comitato italiano Contratto mondiale sull'acqua
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