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Carbone, se solo i pesci potessero parlare
Difficile associare una centrale termoelettrica all'inquinamento del mare. Eppure: dilavamento di carbonili, navi cariche di fossile, scarichi di raffreddamento. Quell'acqua che "scotta" nei porti Enel, Tirreno Power & friends
Quando si parla di carbone si pensa sempre alla ciminiera e alle emissioni in atmosfera. I più esperti, quelli che bazzicano o vivono le zone dove sono collocate le centrali, si spingono a pensare alla polvere del carbone, dispersa durante lo scarico dalle navi carboniere, durante il trasporto ai carbonili, dai carbonili stessi che trovandosi all'aria aperta, quando c'è vento, va da sé. E' più difficile associare una centrale termoelettrica a carbone all'acqua. E invece no. L'acqua è una matrice ambientale fortemente impattata dalla combustione del carbone.
Con Angelo Majoli, presidente di una cooperativa di miticoltori, siamo andati - per il mio lavoro con Spezia Polis - a vedere i luoghi fisici in cui la Centrale Enel della Spezia impatta con il mare: dove scarica l'acqua di dilavamento dei carbonili che non è in grado di depurare (eventi eccezionali... ma quanto eccezionali?); dove scarica l'acqua di raffreddamento, che dunque alza la temperatura del mare; dove scarica il carbone dalle navi, disperdendo polvere di carbone anche in mare.
La nostra video intervista sui luoghi "incriminati", una visione necessaria, per capire di cosa stiamo parlando:
E adesso vi posso raccontare della passerella di politici, locali e non, che si è svolta il 21 ottobre scorso per i 30 anni del centro di ricerca Enea di S. Teresa, alla Spezia. Assente il presidente della Regione Burlando, presente il Ministro Orlando che sulla ricerca ha confermato che “il governo ha iniziato a invertire la tendenza” e sta programmando “investimenti importanti”.
Stiamo sempre facendo qualcosa e siamo sempre orientati al divenire (che non si attualizza mai) ma raramente facciamo funzionare cioè che qualcuno ha già fatto.
Quale può essere il contributo - qui e ora - dei centri di ricerca per il supercontaminato territorio e Golfo della Spezia? Stampa, politici, dirigenti degli Enti, apparentemente nessuno ha pensato (da trent'anni) di chiedere a Enea di applicare la sua ricerca anche alle acque spezzine, rispondendo a quesiti puntuali sul suo stato di inquinamento, a partire dalle cause passate già identificate, per monitorare l'evoluzione e l'impatto delle produzioni presenti: Enel, arsenale, traffico del porto commerciale, rigassificatore, scarichi fognari. Ma ognuno ha parlato di blue-economy e principalmente d'altro rispetto al suo ruolo.
Eppure Enea raccoglie dati in quantità industriali e esiste già uno strumento in grado di rispondere a domande precise. E' stato presentato con questo video, oltre un anno fa. Si chiama Slimcontrol e fa parte del progetto più ampio SlimPort:
"Un sistema che ci consente di monitorare che i livelli di determinati parametri particolrmente importanti siano sempre al di sotto della sogli critica...". Sentito l'auspicio del ricercatore?
"Quello che ci si augura è che poi questo progetto venga fatto proprio da quelle istituzioni pubbliche e private che abbiano a cuore, o che per missione debbano occuparsi dell'ambiente".
Si? Figurati. Ecco cos'hanno detto alla commemorazione dei 30 anni del citato centro ricerche dell'Enea:
Nell'articolo del SecoloXIX si legge che "nonostante la crisi, insomma, l’attenzione alla ricerca sembra aver ripreso i suoi spazi: una ricerca che qui, nel golfo, è orientata decisamente al mare, ed ha ottenuto dalla Regione l’impegno a fare del nuovo distretto un polo di riferimento nazionale delle tecnologie marine: tanto che in estate la giunta ligure ha confermato lo stanziamento di 5 milioni di euro, nell’ambito del piano operativo dedicato, che si nutre di fondi europei".
Il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli, ha ribadito che il centro ricerche di Santa Teresa “rappresenta un polo scientifico d’eccellenza per lo studio e la gestione sostenibile dell’ambiente marino”. "Tali attivita? - ha aggiunto - possono contribuire a realizzare una strategia che sia in grado di garantire il rilancio di un territorio fortemente legato al mare, come il nostro".
Ricerca come traino economico, insomma, e non solo come valore di studio e di approfondimento: ricerca come volano per un’occupazione che nel territorio spezzino denota un gravissimo picco di disoccupati soprattutto nelle fasce dei più giovani, e delle donne.
La Nazione rileva che "la concentrazione nel golfo della Spezia di enti di ricerca su ambiente e tecnologie marine è unica, forse, al mondo. Condividere, mettere in rete e sviluppare progetti di studio comuni connettendo le rispettive specialità non solo può rappresentare un’occasione per evitare doppioni (e quindi spese inutili) ma anche per traguardare l’obiettivo di qualificare ancor di più il golfo nel contesto internazionale, rendendolo laboratorio e volano, al tempo stesso, della blu economy, ossia dell’economia del mare basata sullo sviluppo sostenibile, servendo il territorio e più in generale il sistema-Paese".E avanti così con sinergie tra enti di ricerca e università, Marina Militare, imprese e quant'altro.
Dello stesso tenore l'articolo su la Repubblica di Genova. Il Ministro dell'Ambiente ha ritenuto di sottolineare "le prospettive di ammodernamento della flotta della Marina Militare - innescate dalla legge di Stabilità con lo stanziamento, già nel primo anno, di 80 milioni - la palestra per la messa a punto di soluzioni costruttive e propulsive a basso impatto ambientale, con la possibilità, quindi, per gli gli enti di ricerca di giocare un ruolo importante, pensando anche al più ampio scenario dello shipping". Mentre il Presidente del Parco delle 5 Terre allarga lo sguardo alle navi da rottamare: "Bisogna far tesoro dell’emergenza Concordia per sviluppare le competenze necessarie a dare risposta ai bisogni che salgono col pensionamento delle navi giunte a fine vita".
Qualcuno che facesse il suo lavoro? Con tutto il rispetto, è parso un gruppo di "benaltristi", tutti impegnati a dimostrarsi strateghi in grado di fare connessioni e sviluppare sinergie. E a caccia di "cosa induce cosa" ci dimentichiamo le domande - e le risposte - prime. Quelle che i cittadini - unici interessati al qui e ora - devono andare a cercarsi altrove. Come fanno i mitilicultori.
Chi e perché non indaga sulle ricadute ambientali e sanitarie dei territori che ospitano le centrali
“Monitoraggio della salute in siti portuali su cui insistono centrali termoelettriche alimentate a carbone” è il titolo del progetto - predisposto da Regione Liguria, Regione Lazio, Regione Toscana, INAIL, Istituto Superiore di Sanità con il coordinamento scientifico del Dipartimento Ambiente della Regione Liguria - che non ha ottenuto l’approvazione e il finanziamento del Ministero della Salute in favore altri progetti.
Un vero peccato posto che vi si legge che “in un contesto urbano ed industriale - su cui contemporaneamente impattano le emissioni originate dai motori delle navi, dal riscaldamento domestico, dalle centrali termoelettriche alimentate ad olio combustibile, carbone o altre biomasse, da incenerimento di rifiuti, ecc., - è possibile correlare un incremento delle patologie con la concentrazione degli inquinanti”.
Numerosi studi epidemiologici hanno infatti evidenziato negli ultimi anni l’associazione tra esposizione a particolato atmosferico ed effetti avversi per la salute umana. Alcuni di essi hanno attribuito alle proprietà e alla composizione del particolato uno specifico ruolo nella genesi degli effetti avversi, pur non potendo evidenziare una specifica relazione causa/effetto e recentemente lo IARC ha definitivamente posto fine alla questione inserendo l’inquinamento nei cancerogeni di Classe 1 – quelli sicuramente nocivi per la salute umana.
Lo studio in questione avrebbe dovuto considerare tre siti urbani di medie dimensioni - Vado Ligure-Quiliano (SV), La Spezia e Civitavecchia (RM), città sedi di Centrali termoelettriche a carbone, e che ospitano porti turistici e commerciali (con annesso traffico) di proporzioni rilevanti – dove è possibile correlare un incremento dell’incidenza/prevalenza di patologie con la concentrazione degli inquinanti, ma risulta difficile attribuire gli effetti osservati ad una specifica sorgente di emissione.
Lo studio avrebbe dovuto dire se e in quale misura a Spezia, Vado e Civitavecchia la centrale a carbone, il porto, il traffico e il riscaldamento domestico contribuiscono singolarmente all’inquinamento. E se e in quale misura i diversi tipi di inquinamento possono essere causa di specifiche patologie. Ovvero, com’è scritto, avrebbe dovuto “identificare un sistema di monitoraggio dei rischi per la salute in siti urbani che ospitano porti e CTE alimentate a carbone, finalizzato all’identificazione delle misure più idonee alla protezione della salute ed alla valutazione della loro efficacia”.
Come dire che l’ipotesi formulata qualche mese fa dalle tre regioni, dall’INAIL e dall’ISS è che vi sia un effettivo rischio per la salute nei siti che ospitano un porto e una centrale a carbone?
Si legge che “le centrali elettriche alimentate a carbone - per la pericolosità intrinseca delle loro emissioni in atmosfera e per la collocazione in siti costieri, spesso interessati da traffico marittimo e stradale - sono tra gli impianti più contestati sia in fase progettuale (VIA) che di autorizzazione ambientale integrata (AIA). In Italia sono attualmente in esercizio 13 CTE alimentate a carbone per una potenza installata di circa 10 GW, prevalentemente collocate sulla costa, ad eccezione di due piccoli impianti siti in Umbria (Bastardo) e Lombardia (Brescia)”.
Ma allora perché no?
Vado Ligure-Quiliano (SV), La Spezia e Civitavecchia (RM) condividono altre caratteristiche peculiari:
- per ognuno di questi impianti è stata rilasciata l’AIA senza che nessuno (non le amministrazioni locali, non l’ISPRA, non il Ministero) si sia posto il problema di verificare prima la situazione ambientale del sito - come prevede la normativa;
- in ognuno di questi quattro siti i rispettivi sindaci si sono guardati bene dall’elaborare un parere sanitario che tenesse in considerazione lo stato di salute dei cittadini, della salute pubblica della cui tutela gli stessi sindaci sono personalmente responsabili;
- l’ISS e le stesse regioni che hanno proposto il progetto al Ministero della Salute avrebbero potuto e dovuto farlo prima che fossero rilasciate le autorizzazioni, non dopo e senza neppure troppa convinzione… tant’è che non è stato finanziato sebbene le premesse siano rilevanti;
- infine, il monitoraggio ambientale e sanitario - che deve essere sistematico e non occasionale – in applicazione del principio chi inquina paga, dovrebbe essere pagato "dall’inquinante": le centrali? I porti? In quota parte?
Inoltre, sia a Brindisi, Vado, Civitavecchia e La Spezia ci sono stati o sono in corso procedimenti della magistratura contro le centrali a carbone, alcuni già passati in giudicato, altri in fase di partenza. A Brindisi, Vado, Civitavecchia, e La Spezia i comitati di cittadini hanno inondato di esposti le procure locali, che hanno reagito.
A Civitavecchia hanno ottenuto di far pagare all’Autorità Portuale l’indagine sanitaria che è in corso, dopo che l’AIA ha regalato un aumento di carbone (+ 900.000 tons) e dunque d’inquinamento e di danno per la salute.
A Vado Ligure, dov’è stato persino autorizzato un nuovo gruppo a carbone, è stata già depositata la perizia disposta dalla Procura di Savona che, secondo quanto riportato dai giornali, dimostrerebbe almeno 1000 morti in eccesso che potrebbero essere messi in relazione con il carbone della Tirreno Power. La Procura ha confermato che "c’è stato un danno per la salute".
Alla Spezia l’AIA è stata rilasciata il 6 Settembre scorso: si tratta della prima AIA, un decreto in ritardo di 5 anni nei quali Enel ha inquinato quanto ha voluto, dovendo rispettare vecchie normative e posto che il sistema dei controlli fa acqua da tutte le parti. La centrale della Spezia è stata costruita nel 1962 - si trova in città, il pontile di scarico del carbone è proprio di fronte a una scuola dell’infanzia - e tutto l’impianto di movimentazione del carbone (con i carbonili scoperti) è cadente. E’ tutto così vecchio che l’agenzia delle entrate ha concesso uno sconto sull’IMU all’Enel perché l’impianto è vetusto. Sembra una barzelletta ma è la verità.
E’ tutto così vecchio che l’attuale Ministro dell’ambiente, che è di Spezia, ha avuto modo di definire la centrale una vecchia caffettiera sbullonata. Bene, sapete cosa prevede l’AIA per il ciclo di movimentazione del carbone? Prevede che Enel presenti un progetto entro sei mesi nel quale dichiara come intende ridurre le emissioni non convogliate e migliorare il ciclo di movimentazione del carbone: abbiamo impiegato 5 anni per chiedere a Enel di elaborare un progetto di generico “miglioramento” di una struttura del 1962.
Dopo aver firmato il decreto, il Ministro ha anche chiesto alla Regione di avviare un’indagine sanitaria e ambientale. Non ad esempio quella descritta nell’antefatto? Tutti si rimpallano responsabilità ma nessuno agisce. Se non le Procure, e meno male.
Impariamo a contare i morti
Insistiamo a voler contare i morti - e anche la recente legge sulla valutazione del danno va in questo senso - mentre sappiamo che ci sono evidenze che mettono in relazione il carbone con patologie che non sono solo i tumori e che colpiscono in maniera diversa bambini, uomini e donne. Sappiamo dunque che il rispetto dei limiti di legge – qualora fosse verificato e qualcuno si prendesse la briga di fare i controlli – non ci tutela per niente.
Si tratta di una vera e propria colonizzazione industriale in atto sia nel nostro paese che in altre parti del mondo. Non lasciamoci ingannare dal “cosa” fa un’impresa ma dal “come” lo fa. Enel e Tirreno Power colonizzano Civitavecchia, Vado Ligure, Brindisi e La Spezia con il carbone - grazie alle somme di denaro con cui compenserebbero il loro impatto - esattamente come fanno con le cosiddette fonti di energie rinnovabili in Sud America, dove costruiscono megadighe per produrre energia “pulita” con il solo scopo di compensare le emissioni di carbonio in Europa. In tutti i casi comperano con i loro soldi il consenso dei governi locali.
L’energia geotermica è classificata come rinnovabile. Sappiamo tuttavia che la geotermia ha permesso a Enel di colonizzare la zona dell’AMIATA comprando il consenso di tutte le istituzioni che fingono di non sapere che la geotermia è causa di possibile contaminazione delle acque (con l’arsenico che anche il Lazio conosce bene) e può indurre eventi sismici. Si tratta di effetti collaterali che in Europa, in Svizzera o negli Stati Uniti vengono monitorati e ammessi pubblicamente ma che in Italia sono appena sussurrati, quando non negati.
Ciò di cui occorre tenere conto è che il rapporto tra l’industria, le istituzioni, la scienza e i cittadini è problematico, perchè ha a che fare con il potere. Cito un’intervista fatta un anno fa a una collaboratrice del dott. Guariniello, e studiosa di crimini di impresa, la drssa Altopiedi: “L’evidenza che l’amianto fosse cancerogeno è un’evidenza che si dà per acquisita nella comunità scientifica fin dagli anni ’60. In realtà c’erano prove confortanti ben prima. Il problema è che questa informazione è stata oggetto di una gestione oculata da parte delle industrie, forse anche di una certa miopia? Inerzia istituzionale? (Complicità? nda) da parte di coloro che in qualche modo avrebbero dovuto intervenire a tutela dei lavoratori e dei cittadini tutti - Continua Altopiedi -. E’ molto complicato ed è un processo nient’affatto scontato passare dall’evidenza di una tossicità di una certa lavorazione o di un certo materiale alla sua regolamentazione, se possibile, o alla sua dismissione. E’ complicato perché ci sono dei poteri forti e degli interessi in gioco che rendono questo percorso accidentato e non lineare.
Ma noi dobbiamo sapere che le imprese che inquinano e mettono consapevolmente a rischio la salute dei cittadini commettono dei crimini. “Allora noi non ci dobbiamo rivolgere a questi soggetti come fossero normali disonesti o truffatori”, noi dobbiamo imparare a usare la parola criminale anche verso chi ha il potere e gira in giacca e cravatta.
E soprattutto, dobbiamo ricordare che: “Mai mettere in dubbio che un piccolo gruppo di cittadini consapevoli e attenti possa cambiare il mondo, è sempre stato l’unico modo per farlo” (M. Mead).
Vogliamo diventare civili come gli svizzeri?
Se produci l'energia con il gas vai fuori mercato alla borsa dell'energia che dà la precedenza alle fonti rinnovabili e all'energia prodotta dal carbone, più economico. E' sacrosanta verità, perché nessuno contabilizza i costi dell'impatto del carbone sull'ambiente e sulla salute.
Poiché i movimenti lo sanno bene, il conflitto non è tanto e solo con le aziende ma soprattutto con le istituzioni locali e il governo centrale.
Tirreno Power ha lanciato la proposta di un referendum nazionale che chieda agli italiani se vogliono oppure no il carbone. Se vincesse il no al carbone il problema dell'accesso alla borsa dell'energia sarebbe superato. Si determinerebbero infatti nuovi equilibri di prezzo perché concorrerebbero solo gli impianti a gas e le rinnovabili. Certo conviene a Sorgenia (che ha un solo impianto a carbone, quello di Vado appunto) ma non a Enel che di fatto monopolizza la borsa dell'energia con le centrali a carbone. E si sa chi comanda sull'energia in Italia da oltre cinquant'anni.
Diversa era la proposta lanciata da Legambiente per un referendum locale, sulla centrale di Vado, che si sa come vanno a finire e servono solo a fare propaganda.
Allora Enel, Tirreno Power & friends assolte? Nemmeno per sogno, almeno fino a quando non si assumeranno la responsabilità della trasparenza delle loro produzioni e emissioni. Certo su questo un grande aiuto potrebbe venire da controlli efficaci e indipendenti. Ma per questo neppure un referendum basterebbe.
La politica che sempre lamenta l'ingerenza delle procure aspetta gli esiti delle perizie di Vado per decidere? #saliteabordocazzo e diventiamo finalmente un paese civile. Come la Svizzera.
(Qui trovate il link con il servizio del TGR settimanale di RAI3 sulla centrale Tirreno Power di Vado Ligure )
Daniela Patrucco - La Spezia
Il videoreportage di Rita Rocca: La via del carbone a La Spezia (26 ottobre 2013)
Link:
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- Credit: la foto di copertina è di A. Bertelà
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