Data: 16/11/2012
 

Fine corsa tra Scilla e Cariddi, l'affaire ferry-boats

L'attraversamento dello Stretto di Messina, come quel che rimane della navigazione sui mari italiani, non è più ritenuto dalle Ferrovie dello Stato un settore strategico. La svendita di un patrimonio come investimento (sul Ponte?)

Fine corsa tra Scilla e Cariddi, l'affaire ferry-boats

All'ombra di un ponte fortunatamente ancora  immaginario si continua a viaggiare alla vecchia maniera. Sullo Stretto di Messina, tratto di mare trafficatissimo e periodicamente anche  teatro di incidenti spettacolari, qualche volta drammatici, il collegamento fra la sponda siciliana e quella calabrese è assicurato da traghetti e mezzi veloci, pubblici e privati.
Le immagini dei film anni '60, con i wagon-lits luccicanti ingoiati regolarmente da moderni ferry-boats sono però lontane nel tempo  e consegnate esclusivamente alla memoria. I passeggeri che continuano ad attraversare lo stretto quotidianamente, per lo più perché vivono su una delle due rive e lavorano o studiano sull'altra, si tengono lontani dagli impianti delle Ferrovie dello Stato, sempre più vecchi e abbandonati a se stessi, preferendo i mezzi veloci che collegano i due capoluoghi di provincia, Messina  e Reggio Calabria, oppure le navi degli armatori privati. Per le scale mobili, quasi sempre ferme, delle stazioni marittime di Villa San Giovanni e Messina si aggirano ormai soltanto i viaggiatori degli ultimi treni passeggeri rimasti e quei disperati che ogni notte trovano nei pavimenti o nelle panchine uno scomodo rifugio.

L'attraversamento dello Stretto di Messina, come tutto quel che rimane della navigazione sui mari italiani, non è più ritenuto dall'Holding Ferrovie dello Stato  e dalle sue controllate un settore strategico. Rete Ferroviaria Italiana (Rfi)  ha preferito in questo decennio tenersi stretto il 13%  del pacchetto azionario  della  società Stretto di Messina - la concessionaria del fin troppo noto futuribile attraversamento stabile: il Ponte tra Scilla e Cariddi -  e colpire con una pesante ristrutturazione il proprio settore navigazione. La progressiva dismissione sta riguardando tutte le rotte più importanti. Nel 2010 Rfi ha chiuso la tratta "Civitavecchia-Golfo Aranci", lasciando - anche a seguito alla chiusura di Tirrenia (società a partecipazione pubblica) - agli operatori privati il monopolio dei collegamenti marittimi con la Sardegna. La conseguenza più visibile di tale scelta è stata l'immediato raddoppio delle tariffe da e per l'isola.
Il personale che lavorava a Civitavecchia è stato parzialmente trasferito sullo stretto di Messina. Sono in 15 fra ufficiali e marittimi ed effettuano - fra l'altro -  anche due corse al mese verso la Sardegna, per trasportare materiale ferroviario che dal porto del medio Tirreno non può ormai più partire senza il ricorso all'appoggio di società esterne. Per il resto, Rfi traghetta  lungo le rotte dello stretto appena cinque treni passeggeri, quelli sopravvissuti al taglio delle lunghe percorrenze, e una decina di treni merci  al giorno per un totale di quindici corse andata e ritorno. Il servizio è espletato da due navi, di cui una è utilizzata solo per mezza giornata.

La dismissione dello Stretto di Messina si colloca all'interno di un più complessivo abbandono del sud da parte della Holding Ferrovie dello Stato. Come spiega a Maree Sebastiano Pino, ufficiale con parecchi anni di servizio e sindacalista della navigazione: “I piani che si stanno attuando per riportare in attivo i bilanci della società comportano parecchi sacrifici, in particolar modo per il meridione d'Italia, da Salerno in giù. Il traffico merci su rotaia è stato ampiamente scoraggiato". E nonostante gli investimenti nella modernizzazione delle infrastrutture, spiega Pino: "La divisione Cargo di Trenitalia (trasporto merci)  continua a subire ridimensionamenti a differenza della passeggeri, tenuta in piedi dall'alta velocità che ormai è in competizione col trasporto aereo". Una situazione che sta portando alla progressiva riduzione del personale in servizio (ridotto oramai a complessive 430 unità) e al sacrificio dell'unico settore capace di produrre reddito. Il traghettamento del gommato pesante e leggero. Quest'ultimo è stato ceduto, in ossequio alle direttive europee che impongono la separazione fra i servizi di interesse generale e i servizi aperti al mercato di libera concorrenza, alla società Bluferries srl. Un'azienda costituita in data 4 novembre 2010 con  un capitale sociale di  100.000 euro e, fino ad ora, un unico socio che resta Rfi.

Bluferries lavora sullo Stretto di Messina dal primo ottobre 2011 ed ha ereditato dalle Ferrovie dello Stato un cospicuo patrimonio consistente in  unità navali, quote azionarie del consorzio Metromare -  che si occupa del trasporto dei pendolari sui mezzi veloci -  e  soprattutto immobili di notevole valore. "E' stata una cessione  di ramo d'azienda", come sottolinea il comandante Pino.
Alla nuova società sono passate la palazzina che ospita l'Ufficio Navigazione di Messina, la Stazione Marittima di Regio Calabria, che è stata recentemente restaurata, il fabbricato principale e la biglietteria più i parcheggi della stazione marittima di Villa san Giovanni; la palazzina degli uffici e il magazzino della Stazione di Messina, anch'essi appena restaurati. “Non sappiamo - avverte Pino - quanto guadagnerebbe un eventuale nuovo acquirente  privato di questi immobili. Certo è che il loro valore stimato supera di gran lunga  il capitale sociale di Bluferries. Siamo di fronte ad una  dismissione pura e semplice di patrimonio pubblico". Non va affatto meglio sul terreno dei livelli occupazionali.
La newco del traghettamento ha assorbito 82 marittimi di Rfi. Si tratta di personale garantito dal contratto collettivo nazionale  dei ferrovieri fin alla sua scadenza. "In base ad un accordo firmato da tutte le sigle sindacali che operano nello stretto - spiega il comandante - il mantenimento di tutti i diritti acquisiti, sia sul piano economico, quanto su quello normativo, è garantito  attraverso la figura del distacco temporaneo ( fino a due anni) presso la nuova società”. Diverso è il trattamento riservato invece ai nuovi assunti, ai quali si sta applicando il contratto dei marittimi di navi passeggeri superiori alle 151 tonnellate.
I requisiti previsti per  le selezioni sono stati molto severi - con la conseguenza, fra l'altro, di escludere quasi tutti i precari “storici” dello Stretto di Messina - ed hanno portato all'assunzione di meno personale rispetto al fabbisogno previsto. Si mormora di antichi sistemi e  di assunzioni clientelari. “Quel che è certo - racconta ancora Pino - è che non c'è stato alcun bando ad evidenza pubblica". Nessuna selezione, dunque.
“Non si capisce come mai si sono fatti contratti a persone che solo sei mesi prima non avrebbero avuto i requisiti richiesti per la partecipazione -prosegue l'ufficiale - Gli esuberi che si stanno accumulando in determinati ruoli tecnici, direttori di macchina, elettricisti, comandanti, saranno gestiti  in forma sostenibile, attraverso i fondi di accompagnamento alla pensione, senza ricorrere alla cassa integrazione. Ma la maggioranza dei precari che negli anni scorsi si batté contro le forme estreme di precarizzazione ( il contratto a viaggio) oggi è fuori da tutto”. Secondo un dispositivo comune a tutte le ristrutturazioni industriali, dunque, il taglio dei posti di lavoro si accompagna ad un aumento dei ritmi e dei tempi per il personale in servizio.
Le organizzazioni sindacali hanno più volte contestato un organizzazione del lavoro che prevede turni di notte anche tre volte di seguito per lo stesso equipaggio. "Una situazione che mette a rischio anche l'incolumità dei passeggeri”, spiegano nei loro comunicati. Ci sono però due accordi del febbraio del 2000 che garantiscono turni di non più di quaranta ore settimanali distribuite su cinque giorni. In questa situazione i vettori privati godono di una posizione estremamente vantaggiosa. Questo, però, non impedisce agli armatori di agitare anch'essi lo spettro della crisi e del ricatto occupazionale.

La società Caronte & Tourist, che traghetta fra le due sponde dello stretto gran parte dei mezzi pesanti che trasportano su e giù per l'Italia e la Sicilia ogni sorta di merci,  ha minacciato nelle scorse settimane ben  69 licenziamenti, usandoli come arma di ricatto verso lo Stato e la Regione Sicilia. Caronte & Tourist è un esempio da manuale di posizione dominante costruita nei decenni attraverso una fitta rete di relazioni politiche nazionali e locali. Nonostante abbia i bilanci in  ordine e sia in attivo - come testimonia il suo bilancio consuntivo per il 2011 - ha  denunciato un significativo calo  dei propri profitti, attribuito dagli amministratori al carico fiscale  e agli aumenti dei costi del carburante.
Il nuovo presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, ha già trovato questa vicenda sulla propria scrivania. Dovrà come ha assicurato in campagna elettorale, aprire una trattativa con il governo centrale per mettere mano alla questione della continuità territoriale fra le due sponde dello Stretto "bypassando" il macigno del Ponte, da più parti ormai considerato "opera non prioritaria", ma che - finora - ha drenato le risorse sempre più esigue messe a disposizione per assicurare il diritto dei cittadini alla mobilità. I governi Prodi e Berlusconi non hanno brillato particolarmente in materia. La maggioranza della spending review non sembra far presagire nulla di buono, nonostante le promesse del governatore antimafia e le ottime intenzioni del ministro dell'Ambiente Corrado Clini riguardo alla grande opera.

Tonino Cafeo - Messina

Commenti degli utenti

24/11/2012 - 12:29 marina cagol scrive:
Cristo si è fermato a Eboli...di nuovo!

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