Data: 31/05/2013
 

In viaggio sulla rotta della Jolly Nero

Il canale che costeggia la Diga Foranea è largo. Solo una nave ubriaca come la Jolly Nero poteva uscirne, sbagliando tutto. Perché l’allarme è stato lanciato quando la nave era ormai a pochi metri dalla Torre?

In viaggio sulla rotta della Jolly Nero

Lei lavora qui?”, mi chiede, gentile, uno di Baghdad, elegantemente vestito con abiti color sabbia. “No, non lavoro qui”. “Il battello per Pegli” mi dice l’uomo “dovevamo prendere il battello e non arriva”. “Arriverà, il mare oggi è bello e non tarderà”. Sono a Genova, al Porto Antico, accanto alla grande sfera di Renzo Piano. Finalmente c’è il sole e io ho ancora gli stivali da pioggia e il soprabito scuro da tempesta di mare con cui sono andata a Molo Giano, dove ho trovato la Jolly Nero ormeggiata a una banchina in una zona del porto dove non sarei potuta entrare, ma dove sono entrata, fotografando la nave che la notte del 7 maggio ha urtato la Torre Piloti. Brutta storia. Sono al Porto Antico, dove cammino, respirando salsedine.

Il battello, arriva il battello”, è l’uomo di Baghdad. Con lui ci sono altri due uomini e tre donne. Le donne m’abbracciano. Quante feste solo per avergli detto d’aspettare. Sembra una festa sul Tigri, ai tempi di quando Saddam Hussein vi si tuffava, nuotando per la felicità degli iracheni. Ma siamo a Genova. Gli iracheni, che ancora continuano a ringraziarmi, non sanno, però, ch’io ignoravo ci fosse un battello per Pegli.

Il battello ormeggia alla banchina. Il capitano è un signore genovese con lunghi baffi e maglietta a righe, di quelle che tutti mettono a Camogli quando c’è la Sagra del Pesce, quella con i grandi padelloni in piazza. Lo aiuta un ragazzotto, uno che avvolge le cime come fossero lacci di scarpe. “Capitano, questo battello da dove passa?”. “Dal canale, quello dopo i Magazzini del Cotone”. M’illumino, è il mio battello, quello che farà all’inverso la rotta della Jolly Nero. “Presto, un biglietto”.

Salgo sul battello per la gioia degli iracheni. “Si parte”, è il capitano. Passo da poppa a prua, da prua a poppa, con al collo la mia macchina fotografica. M’affaccio, guardo la profondità dell’acqua, osservo. “Lei non è una turista, vero?”, mi chiede una signora genovese seduta su un sedile a poppa. “No, non sono una turista”. La signora genovese, una che lavora alla Regione Liguria e che quando può la sera torna a casa in battello, capisce subito. Una delle irachene mi s’avvicina. “Ci fa una foto?”. “Perché no? Laggiù c’è una nave con una scritta in arabo, la facciamo con quella?”. Gli iracheni urlano di gioia, un bel mercantile con scritta in arabo a prua. Il mercantile è il segnale, almeno per me. Scatto la foto agli iracheni e torno alla mia storia di mare.

Il battello naviga veloce, siamo nell’avamporto, quello dove manovrano le navi. Ecco la vecchia Torre Piloti, ingabbiata per lavori. Là davanti c’era la Torre buttata giù dalla Jolly Nero. Il battello è a quasi cinquecento metri, poco lontano dall’ingresso del canale di calma, quello lungo la Diga Foranea, e dove noi, manovrando a nostra volta, fra un po’ entreremo di prua, quando la Jolly Nero partita dal Molo Nino Ronco, a ponente, v’è uscita di poppa, e da dove, aiutata dai rimorchiatori, avrebbe dovuto girare, mettendosi di prua per lasciare il porto dalla Bocca di Levante. E invece ha sbagliato tutto, sin dall’uscita dal canale. Si doveva fermare qui, a quest’altezza e a quasi cinquecento metri dalla Torre, e invece è uscita dal canale, andando molto più a sud, da dove, aprendo la curva, ha navigato a levante, dove c’era la Torre.

Il battello entra nel canale e m’accorgo che sono a poppa che traccio nell’aria la rotta del mercantile. Ma com’è possibile che abbia fatto un errore così? Il canale che costeggia la Diga Foranea è largo. Solo una nave ubriaca come la Jolly Nero poteva uscirne, sbagliando tutto. E se avesse voluto fare quella curva per andare più vicino alla Torre e da lì prepararsi all’uscita? Perché l’allarme è stato lanciato quando la nave era ormai a pochi metri dalla Torre? Avrebbero dovuto lanciarlo prima e non l’hanno fatto. Forse perché qualcuno a bordo aveva deciso di manovrare altrove? Certo che se dopo l’uscita dal canale, scendi troppo a sud, qualcosa c’è che non va nel pilotaggio.

La Diga Foranea fa paura. È strano vedere quell’opera in muratura in mezzo all’acqua e sapere che al di là c’è il mare aperto. Ormeggiate ci sono alcune imbarcazioni con tanti copertoni sulla fiancata. A destra, venendo da levante, si vedono gru, navi, rimorchiatori. C’è vita nel canale.

Il battello naviga nel canale, manovrando con sicurezza. Ci sono regole da rispettare quando si passa da qua. L’unica ordinanza che non c’è è quella sulle manovre davanti a Molo Giano. Dicono che là, davanti al molo, si deve ubbidire alla legge del mare, ch’è la buona condotta marinaresca che deve fare da Stella Polare. Quanta cieca fiducia.

Navigo con il battello lungo il canale e penso alla notte del 7 maggio, con la Jolly Nero che v’ha navigato con il contagiri del motore in avaria e con gente che comunicava dal ponte di comando alla sala macchine, quella con i marittimi russi, con cellulari e walkie talkie. La navigazione lungo il canale non è rapidissima, nemmeno per un battello. Il pilota che doveva aiutare la Jolly Nero a uscire dal porto, dov’era lui quando la nave si trovava nel canale? Sì, era nell’aletta del ponte di comando, lo sappiamo, ma non s’è accorto, e di tempo n’aveva, che quella nave era una baraonda? E lui, che si trovava lassù in cima, non s’è accorto che dopo l’uscita dal canale la nave andava troppo a sud e che s’allargava a levante?

Il mio battello naviga nel canale con il sole che ormai tramonta. Ecco il terminal dell’armatore Messina. Lo riconosci perché è tutto rosso, come il colore delle navi della flotta. Ormeggiata, proprio dove la notte del 7 maggio c’era la Jolly Nero di poppa, c’è la Jolly Bianco che scarica la zavorra in mare. La partenza s’avvicina, il 1° giugno lascerà Genova diretta a Dakar, Abidjan, Lagos, Apapa, Tema e anche lei uscirà di poppa, proprio come la Jolly Nero, anche ora che i dragaggi alla foce del torrente Polcevera e alla Bocca di Ponente sono finiti. Ora l’acqua è più profonda, ma lo era anche prima, vi potevano passare unità con pescaggio massimo di dieci metri, purché di modesto ingombro aereo, perché là vicino c’è la pista dell’aeroporto e navi come la Jolly Nero o la Jolly Bianco, che con il carico sul ponte s’alzano ancora di più, non possono passare. Ora qui l’acqua è profonda tredici e mezzo, quattordici metri, ma le grandi navi continueranno a uscire di poppa. Navigando lungo il canale le abbiamo viste, tutte pronte a partire così.

Dopo la tragedia a Molo Giano si disse che la Jolly Nero non era uscita da ponente perché là il porto era insabbiato. Non è vero, era perché c’era il cono aereo. Ora a Bocca di Ponente è tutto libero, non c’è una draga e i lavori sono stati completati. Il porto di Genova si prepara al futuro, s’allestiscono i nuovi fondali, con la Diga Foranea che verrà spostata cinquecento metri più in là, verso il mare aperto, come dire addio al cono aereo e consentire anche alle grandi navi di passare da là.

Il battello esce dal canale, la Bocca di Ponente è ormai a poppa. La navigazione prosegue e davvero la pista dell’aeroporto è a un tiro di schioppo dal terminal Messina. Il battello s’allontana dalla pista, navigando ancora più vicino al mare. Il sole è tramontato e noi siamo arrivati a Pegli. Il battello entra a Molo Archetti, il ragazzotto che armeggia con le cime come fossero lacci di scarpe, cala la scaletta sulla banchina. Scendiamo. A Pegli ci sono le palme e le case colorate, mentre da lontano si vedono le petroliere e le grandi navi da crociera che navigano nel Mar di Liguria. Con una mano saluto il capitano, mentre il ragazzotto toglie gli ormeggi.

E' scesa la sera, si torna in città in tram. Ci sono anche gli iracheni, contenti d’aver navigato lungo il canale, anche se non era il Tigri. La mia giornata finisce al Porto Antico, in un locale davanti al mare accarezzato dal vento fresco della sera. “Mi serva un punch, scendo da un battello”. La Jolly Nero è a Molo Giano, mentre io sono qui, con questo punch caldo fra le mani, che guardo la Lanterna mentre saluta con la sua luce le navi. La speranza è che non debba più vedere quello che ha visto la notte del 7 maggio.


Stefania Elena Carnemolla - Milano 

Inchiesta in tre parti, link:

A pochi passi dalla Jolly Nero
Jolly Nero, l'imperfezione nell'acqua di Genova

Il battello naviga lontano da Molo Giano, sullo sfondo la vecchia Torre Piloti e quel che rimane della Torre urtata la notte del 7 maggio. E' da questa distanza che la Jolly Nero, lasciato il canale di calma, avrebbe dovuto compiere la sua evoluzione per poter uscire di prua dalla Bocca di Levante. Foto Stefania Elena Canemolla

Con il battello si entra nel canale di calma lungo la Diga Foranea, ripercorrendo all'inverso, quindi da est verso ovest, la rotta della Jolly Nero. Foto Stefania Elena Carnemolla 

Navigazione da est verso ovest lungo il canale di calma. Sullo sfondo la Jolly Nero sotto sequestro nella zona delle Riparazioni Navali nel porto di Genova. Foto Stefania Elena Carnemolla

 Imbarcazioni nel canale di calma, a destra la Diga Foranea. Foto Stefania Elena Carnemolla
 Si naviga nel canale di calma lungo la Diga Foranea. Foto Stefania Elena Carnemolla

 Lungo il canale di calma, sullo sfondo la Bocca di Levante. Foto Stefania Elena Carnemolla

Nel canale di calma, sullo sfondo la Bocca di Ponente. Foto Stefania Elena Carnemolla

La Jolly Bianco dell'armatore Messina, ormeggiata di poppa a Molo Ronco mentre scarica la zavorra, vista dal battello in navigazione nel canale di calma lungo la Diga Foranea. E' da questo punto che la notte del 7 maggio è partita, poppa a levante, la Jolly Nero. Foto Stefania Elena Carnemolla
   
Con il battello lasciamo il canale di calma diretti a Pegli, sullo sfondo la Bocca di Ponente. Foto Stefania Elena Carnemolla
 


Commenti degli utenti

12/06/2013 - 15:45 Anna Fuggi scrive:
Un articolo che è poesia, ma una poesia di parole e d'atmosfera che ha una forza che non intende placare, ma esaltare la "leggerezza" con cui è stata firmata la tragedia del 7 maggio!

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