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Tito Campanella, mio padre e i misteri sul naufragio
E’ partito il 7 di dicembre dicendomi "a Pasqua sono a casa”, non l’ho più visto. La nave era in disarmo? Perché ottenne il permesso di navigare? Il carico stivato male? Perché i responsabili furono assolti? Parla Anna Gaggero
«L'ho detto tante volte: non mi darò pace finché non saprò la verità». Nel 1984, quando la nave Tito Campanella scomparve nell'Atlantico, Anna Gaggero era una bambina. Oggi ha 43 anni e nonostante sia passato molto tempo prova ancora dolore nel ricordare la tragedia che ha colpito suo padre e gli altri 23 marinai. «Non riesco ancora a darmi pace soprattutto per l'indifferenza delle istituzioni», ha scritto Anna commentando l'articolo pubblicato la scorsa settimana su Maree nel trentesimo anniversario dal quel naufragio senza superstiti e senza testimoni. Abbiamo deciso quindi contattarla e di farci raccontare da lei questi tre decenni di dolore, silenzio e misteri.
Signora Gaggero, suo padre, Antonio Gaggero, era imbarcato come primo macchinista sulla Tito Campanella. Che ricordo dei giorni successivi alla scomparsa del cargo? Sua madre le ha raccontato come vennero vissuti quei momenti dalla sua famiglia?
Il mio primo ricordo di quei terribili momenti è il seguente: sono in piazza, a Celle, a giocare con i miei amici. Mia mamma corre verso di me uscendo dal negozio di famiglia e mi comunica concitatamente: «Anna non trovano più la nave di papà». E io che rispondo: «Mà, non dire scemenze, io vado, devo giocare». Poi un susseguirsi di pianti, telefonate, notizie, false speranze. Parenti e amici che per giorni hanno circolato per casa senza sapere come affrontare una situazione di panico totale. Erano anni che mio papà navigava, ma mai e poi mai avevo pensato che potesse succedergli qualcosa sul lavoro.
Abbiamo letto il nome di Antonio Gaggero tra quelli inseriti nella lista delle 24 vittime di quella sciagura del mare. Ma chi era suo padre? Che ricordo ha conservato di lui in tutti questi anni?
Chi era mio papà? Conosciuto da tutti come Carluccio (Carlo era il secondo nome), aveva 46 anni quando sono nata. Aveva intrapreso la “carriera” di marittimo dopo essere stato costretto a chiudere un’officina meccanica. Da subito molto apprezzato dalla compagnia Carboflotta di Genova per la quale lavorava, in breve tempo raggiunse il traguardo di Direttore di Macchina.
Lavorava molto e il tempo trascorso insieme era ridotto a 3/4 mesi l’anno. Ricorderò sempre il racconto di quando, dopo essere stato imbarcato a lungo, tornò a casa e la prima parola che mi sentì pronunciare fu “papà”. Era buio, io avevo poco più di un anno e lui tornava da un viaggio durato 11 mesi. Non potevo ricordarmi di lui ma con la mano gli toccai il naso e probabilmente sentendolo diverso da quello della mamma.
Ho patito molto da bambina il fatto di avere un papà “anziano”. All’epoca non era comune diventare genitori in tarda età, ma con gli anni ho capito quanto poco fosse importante. Quanto avrei dato e darei per avere la possibilità di salutarlo un’ultima volta.
Si considerava un uomo sfortunato, diceva che se si fosse messo a far cappelli sarebbe nata gente senza testa. Ne aveva passate tante in vita sua, non ultimo il licenziamento a seguito di un attacco di angina da parte della compagnia di Genova, a un anno dalla pensione.
Altro fatto che lo segnò particolarmente fu la morte della sorella alla quale era molto legato. Tornato dall’ospedale mi disse: «le vado dietro». Passarono 6 mesi e mio padre affondò insieme all’equipaggio della Tito Campanella.
E' vero che quello doveva essere l'ultimo viaggio di suo padre prima della pensione?
Dopo circa un anno da “disoccupato” arrivò una telefonata dalla compagnia Alframar di Savona che gli offriva un imbarco, ma con il ruolo di Primo Macchinista, non di Direttore di Macchina. Alla chiamata rispose mia madre, mio padre stava riposando. Non si è mai perdonata di averlo svegliato...
Mio papà, dopo il licenziamento, aveva fatto richiesta all’Inps di Savona di poter ricongiungere i contributi versati come artigiano e come marittimo. Trascorso un anno non aveva ancora ricevuto risposta. Dopo il decesso scoprimmo che la pratica era stata confusa con quella di un altro Gaggero Antonio di Vado Ligure, più giovane di 10 anni (data e luogo di nascita diversi, codice fiscale diverso…).
Decise così di imbarcarsi per un’ultima volta, anche se con mansioni inferiori rispetto il suo grado, per guadagnare qualcosa in caso ci fosse stato da versare ancora qualche contributo per ottenere l’agognata pensione. Si imbarcò in Grecia il 7 dicembre del 1983. Dopo 5 settimane di navigazione la nave affondò.
Come sappiamo la Tito Campanella sparì approssimativamente il 14 gennaio 1984. Eppure dieci giorni dopo i giornali riportarono la testimonianza di un radioamatore abruzzese il quale dichiarò di aver captato dei segnali di SOS lanciati dalla nave. Non solo, lo stesso radioamatore disse di aver ricevuto le coordinate in cui si trovava il mercantile: longitudine 2/Nord Ovest, latitudine 42/Sud Est, cioè poco dopo lo stretto di Gibilterra. Quindi nel Mediterraneo, un punto in cui la Tito Campanella non avrebbe mai essere arrivata. Sono state delle circostanze strane come questa a far nascere un giallo intorno alla scomparsa della nave?
La vicenda del lancio del SOS non fu mai chiarita. Per un certo periodo sentimmo parlare di un messaggio riportante “Crossing Gibraltar” che ci fece sperare che in qualche modo la Campanella avesse raggiunto il Mediterraneo, ma poi fu accertato che la nave non attraversò mai lo stretto. Per qualche giorno comparve anche la notizia che una nave tedesca li avesse intercettati ma che avessero rifiutato i soccorsi. Sinceramente non ne so molto, se non che dalla compagnia pare avessero ricevuto l’ordine di non accettare aiuti. La metà del carico, per le leggi del mare, se non sbaglio sarebbe spettata a chi avesse prestato soccorso. E il valore delle vite umane era considerato sicuramente “inferiore”.
Nel 1986 la Commissione d'inchiesta istituita dal Ministero della Marina Mercantile per far luce sul giallo della Tito Campanella concluse che la nave era affondata a causa di uno spostamento del carico. Cosa non la convince della verità ufficiale? Pensa che ci siano ancora dei misteri non svelati sulla storia di quel naufragio?
Se il Ministero della Marina Mercantile stabilì che ci fu uno spostamento del carico, vuol dire che lo stesso fu stivato male. Se ciò avvenne perché furono tutti assolti? Troppo comodo “insabbiare” tutto a costo di lasciare impuniti i colpevoli. Un’altra cosa che non mi spiego è perché a Savona accertarono delle responsabilità, mentre a Genova ritennero di assolvere tutti? Troppo potente il RINA (Registro Italiano Navale nda) per una città di mare.
Che lei sappia la Tito Campanella era così mal ridotta come si diceva?
Quando mio padre vide la Tito Campanella per la prima volta, nel porto di Eleusis, in Grecia, disse di non aver mai navigato su una nave così grande. Si rese subito conto però delle cattive condizioni in cui versava. Dovette costruire una pompa, con il poco materiale a disposizione a bordo, per eliminare l’acqua dalle stive che pompavano acqua 18 ore al giorno.
Quando il Direttore di Macchina chiese di sbarcare per il timore che potesse succedere qualcosa, mio padre avrebbe avuto diritto a prendere il suo posto, ma non se la sentì. Quindi si, rispondendo alla Sua domanda, la nave era in pessime condizioni, come testimoniato dai tanti che vi lavorarono. Era stata messa in disarmo, ma dopo un anno arrivò nuovamente dal RINA il permesso di navigare. Perché? Altro mistero mai risolto.
Le cronache dell'epoca hanno ipotizzato l'esistenza di alcune trame oscure intorno alla scomparsa della Tito Campanella. Lei cosa ne pensa?
Le trame oscure di cui mi chiede sono assolutamente da considerarsi veritiere. Perché, secondo Lei, altrimenti la compagnia avrebbe aspettato giorni e giorni prima di dare l’allarme? Scomparsa la nave, scomparso il carico e i testimoni.
In particolare un marinaio, imbarcato in precedenza sul mercantile, parlò di un presunto traffico di armi e di rifiuti tossici. Come considera queste affermazioni?
Il marinaio che cita, se non ricordo male, fu chiamato a testimoniare al processo ma a seguito di ripetute minacce rinunciò. Le famiglie, ancora una volta, persero un importante “tassello” per giungere alla verità. Mio padre, comunque, nelle lettere che inviò non ne fece menzione.
Il processo per il naufragio della nave si è concluso dopo molti anni con l'assoluzione di tutti gli imputati. Insomma, per la giustizia italiana la Tito Campanella non è affondata per colpa di qualcuno. Un verdetto che però a quanto si sa non ha mai soddisfatto le famiglie dei marinai...
L’assoluzione di tutti gli imputati non ha per niente soddisfatto noi famigliari, proprio per i motivi descritti sopra. Se la nave era in disarmo, perché ottenne nuovamente il permesso di navigare? Se il carico fu stivato male e la conseguenza fu lo sfondamento delle paratie, perché i responsabili furono assolti? E perché, nonostante il già appurato sovraccarico, furono obbligati a fare rifornimento in Belgio, dove il carburante costava sicuramente meno, consapevoli che ciò avrebbe però causato un ulteriore abbassamento della linea di galleggiamento? Troppi perché senza risposte.
Lei si è lamentata per l'indifferenza dimostrata dallo Stato in tutti questi anni. Cosa avrebbero dovuto fare le istituzioni per agevolare la ricerca di un'altra verità?
A parte i primi tempi, le istituzioni si sono completamente dimenticate di noi. Io ero troppo piccola per combattere e gli altri, compresa mia madre, dopo anni di sofferenze “gettarono la spugna” per cercare di ricominciare a vivere. Io, invece, più passa il tempo e più mi rendo conto di cosa ho perso quando è morto mio papà e ancora oggi nessuno mi ha spiegato perché. Finché avrò qualche possibilità mi impegnerò per far ricordare a più persone possibile questa tragedia.
Le istituzioni, d’altro canto, che interesse avrebbero tratto se avessero appurato la verità scomoda dell’affondamento di navi come la Tito Campanella, definite delle carrette del mare? Avrà sicuramente sentito parlare della signora Rajna Junakovic (nota per aver denunciato il naufragio del cargo “Seagull” sul quale viaggiava suo marito, riuscì a far condannare gli armatori a sei anni di carcere per omicidio colposo plurimo con l’aggravante dell’omissione di soccorso dettata da cinismo per tornaconto economico nda). Per anni ci supportò nella lotta verso la verità. Ma nel suo caso lei riuscì ad ottenne la condanna degli armatori mentre noi nulla.
So che Lei ha scritto al Presidente della Repubblica. Cosa chiedeva al Capo dello Stato in quella lettera e cosa le è stato risposto?
Ho, come le dicevo, scritto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedendo di far luce su questa vicenda una volta per tutte. Tramite il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, mi hanno riferito che quanto da me rappresentato è stato portato all’attenzione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con preghiera di fornirmi una risposta. La attendo da circa 2 anni.
Nello stesso periodo ebbi occasione di parlare con il giornalista di Rai3 Stefano Picasso del disinteresse riguardo a questa tragedia. Gentilmente mi mise a disposizione la sua trasmissione, “Buongiorno Regione”. Ai primi di maggio del 2012 con il giornalista Luca Di Francescantonio facemmo una diretta dal Porto di Savona, ma anche quella non portò a nulla.
Parlai con Di Francescantonio della mia intenzione di interpellare il programma “Chi l’ha visto”. Mi esortò a farlo dicendo che sicuramente sarebbero stati disponibili ad ascoltarmi. Lo feci il giorno 22/5/2012 lasciando un messaggio in segreteria, come richiesto. Fui ricontattata e raccontai brevemente i fatti. Mi dissero che se la redazione avesse ritenuto, mi avrebbero richiamato. Non lo fecero.
Ogni anno viene celebrata a Savona una messa in ricordo delle vittime del naufragio della Tito Campanella. L'anno scorso però erano presenti in pochi. Quest'anno, nel trentesimo anniversario della tragedia, com'è andata?
Domenica scorsa mi sono recata con mia mamma e alcuni nostri parenti alla Chiesa Stella Maris di Savona dove dal 1985, la domenica successiva al 14 gennaio, viene celebrata la messa in suffragio dei marittimi dispersi con la Tito Campanella. L’anno scorso ci ritrovammo solo noi, i parenti di Gaggero Antonio. Fatto che non mi spiego ancora oggi, visto che per anni, in prima fila, la famiglia Dorati di Albisola, parenti del Marconista, ha combattuto per non dimenticare e giungere alla verità, così come i Signori Costarelli. Inoltre se l’anno scorso i marittimi sono stati ricordati da chi celebrò la messa, quest’anno neanche una menzione. Di parenti c’eravamo solo io, mia mamma, due sue sorelle, mio zio e mia cugina. Che tristezza.
L’Associazione Leon Pancaldo ha ricordato con qualche articolo il naufragio e in porto è stato posizionato, alcuni anni fa, un monumento eseguito da Renata Cuneo. Un monumento che fu commissionato dall'Associazione Combattenti e Reduci in memoria dell'equipaggio, prevalentemente savonese, del mercantile Tito Campanella.
Ho letto sul web che qualcuno ha proposto addirittura di recuperare il relitto, o almeno di verificare se si trova davvero sui fondali al largo di Capo Finisterre, dove si presume che la nave sia affondata. Sembra fantascienza eppure le tecnologie moderne lo consentirebbero. Lei cosa ne pensa?
La proposta di recuperare il relitto l’ho letta anch’io. Come hanno recuperato il Titanic. In quel caso poi, non ci sono in ballo milioni di dollari. Negli anni mi sono resa sempre più conto che al mondo, ma soprattutto in Italia, quello che muove tutto è il denaro. Se non c’è “guadagno” chi te lo fa fare?
Dopo trent'anni pensa ci sia ancora la possibilità di capire cosa è accaduto quella notte nel Golfo di Biscaglia?
Tutti i giorni, per lavoro, vedo i parenti degli armatori, uno in particolare, che, non sapendo chi sono mi racconta spesso della vita agiata che ha avuto, della famiglia meravigliosa che ha e delle gioie che ha ricevuto dalla vita. I primi tempi avevo una stretta al cuore ogni volta che lo vedevo entrare in ufficio, poi sono giunta alla consapevolezza che se le cose non vengono risolte sempre si ripropongono. Confermo quindi la mia volontà di combattere per giungere finalmente alla verità. Non alla giustizia, ormai è passato troppo tempo, ma alla verità, quella sì. È un nostro diritto e un dovere delle Istituzioni.
Si parla tanto dei Marò, di riportarli a casa, ma senza entrare nel merito della vicenda, anch’io vorrei riportare a casa mio papà. Ovviamente fisicamente è fantascienza… ma come continuo a ripetere non avrò pace finché non avrò saputo cosa successe quella notte! Mi tormento ancora pensando: se ne saranno accorti? Quanta paura avranno avuto? A cosa avranno pensato in quei terribili momenti? Oggi una telefonata o un messaggio col cellulare ci avrebbero aiutato a localizzarli, o quantomeno a svelare alcuni misteri.
Massimiliano Ferraro - Imperia
Link e credit:
- Tito Campanella, storia di un naufragio: ruggine, armi e rifiuti
- La nave cargo Tito Campanella in navigazione, foto archivio Navi e Armatori
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Commenti degli utenti
ricordo quei giorni bruttissimi per tutti,
che dirti, sei stata fortissima a superare il trauma.
Una nave che affonda solitamente lascia qualche relitto. A mio parere qualcosa che non quadra c'e',
forse non era li dove la cercavano.