I predatori dell'Artico, sei nazioni sotto i ghiacci
Una guerra non dichiarata è iniziata nell’emisfero Nord del pianeta, spedizioni scentifiche e trattati, rotte commerciali ed effetto serra hanno messo in pole position sei Paesi per una nuova corsa all’oro
La ricerca costante di fonti di gas, minerali e petrolio non conosce soste, mentre le nostre vite vanno avanti. Si accende una luce a New York, un frigo si apre a Roma e qualcuno mentre scrivo sta facendo benzina ad una distributore di carburanti a Londra, tutti gesti più o meno comuni in tante parti del globo. Tre città, tre gesti apparentemente ordinari un legame comune fatto di energia, prodotti e materiali ed anche gesti scontati nella loro ordinarietà.
Lo stato delle estrazioni sul pianeta terra non ha mai conosciuto un boom come quello dei nostri giorni, viviamo una crisi profonda sopratutto finanziaria, ma la domanda incessante di materie prime non si ferma. Le produzioni di ogni genere richiedono ingegnosità, programmazione e ricerche geologiche, navi cargo più grosse e terre incontaminate... o meglio non ancora sfruttate per far fronte a quella domanda che noi stessi creiamo. Ed ecco che il silenzio maestoso del Circolo polare Artico viene rotto da un rumore di turbine, trivelle e camion da carico che non si fermano mai, lungo i percorsi di smistamento dei minerali estratti. Tra piattaforme petrolifere e trivelle pneumatiche che scandagliano una terra che si scioglie e si rivela nuda accessibile alle macchine dell’uomo. E poi una guerra tra nazioni è stata dichiarata da tempo fra tutti coloro che si affacciano a più titoli sul circolo polare Artico, i segni più evidenti per ragioni che spiegherò più avanti si riscontrano in Groenlandia, dove ormai una larga parte delle nevi e dei ghiacci perenni hanno lasciato il passo alle praterie verdi di un suolo sconosciuto agli stessi Inuit che la popolano dal secondo secolo avanti cristo con un susseguirsi di invasioni: dai vikinghi, ai norvegesi ed ai danesi, questi ultimi hanno ancora un monopolio su quelle terre (come parte del regno della corona danese).
La loro spedizione scientifica sta cercando di stabilire in maniera indiscutibile che la placca sommersa della Groenlandia possa dare a loro il diritto di accesso alle riserve petrolifere nascoste nel sottosuolo ed a largo delle coste a ridosso del Circolo Artico, sotto il controllo del governo danese: il nome in codice dell'operazione è LOMROG III. Ma torniamo alla maestosità di questi spazi e dei loro silenzi, dei loro cinquantasettemila abitanti in una terra che è sei volte la superfice della Germania.
Tuttavia l’Artico non è solo Groenlandia, tra Russia, Scandinavia, Islanda, Alaska (USA) e Canada popolo “Artico” se cosi si può definire, non raggiunge i quattro milioni di individui. Il vero problema comunque è il ghiaccio. Si, perchè dal 1951 con lento ed inesorabile passo la parte coperta del Circolo polare Artico si è ridotta di un quinto e con un aumento di temperatura di circa un grado e mezzo (1.5). I ghiacciai una volta perenni sono ovunque in recessione. Terre che prima erano inaccessibili si sono svincolate dalle morse del ghiaccio ed offrono ora anche una alternativa alle rotte commerciali dei super tankers. La Nothern Sea Route (NSR) che si apre sul mare russo, farebbe risparmiare 6400 kilometri se messa a raffronto con la tradizionale rotta dello stretto della Malacca e poi attraverso il Canale di Suez. Con le rotte commerciali che cambierebbero tragitto e si riorganizzerebbero nel nord dell’emifero, si aprono scenari incerti per l’ambiente e le sue popolazioni. L’Artico sarà terra reclamata anche per coltivazioni di cereali, impensabili solo 20 anni fa; e poi c’è lo zinco, l’oro, il nickel ed il ferro; dalla Russia al Canada con tutte le terre emerse che si trovano in mezzo. Dimenticavo... il gas ed il petrolio. Lo scorso aprile la compagnia petrolifera Exxon ha stipulato un contratto con la russa Rosfnet per un valore in investimenti pari a circa cinquecento miliardi di dollari. Anche altre nazioni interessate allo sviluppo dell’ emisfero Artico fanno piani di investimenti, approntano basi militari, come in Norvegia, seguiti dalle commesse di Cina, Giappone e Sud Korea per la costruzione di super tankers per merci capaci di aprirsi varchi attraverso i ghiacci. La Russia per prima finanziò il viaggio di una sua nave “scentifica” capace di aprire varchi nei ghiacci e cercando di mettere le basi per una esplorazione più aggressiva su quello che sembra l’ultimo "continente" inesplorato e che conterrebbe il 13% delle riserve di petrolio nel mondo. Il gas da solo vale un 30% delle risorse mondiali, queste principalmente su territorio russo, ma la tensione per via di questi dati monta anche sul fronte USA Canada.
Ma ritorniamo nel nord dell’emisfero ed ai suoi mutamenti, nonostante tutte le teorie sull’effetto serra, le maggiori differenza le possiamo riscontrare propio sul circolo polare Artico. La sua posizione favorisce il ricambio termico del pianeta, questo avviene per effetto della rotazione terrestre, delle alte cime montagnose in Europa, America ed Asia, il continente Antartico è meno soggetto ai flussi termici di scambio di aria calda e fredda. In aggiunta l’orografia del Polo Nord favorisce lo scambio di correnti fra lo stretto di Bering e altri passaggi nevralgici come in Norvegia nell’arcipelago Svalbarg o lo stretto di Fram sull’atlantico vicino alla Groenlandia. Qui le punte estreme dell’Artico non scendono mai al di sotto dei quindici gradi sotto lo zero tuttavia le terre più distanti ed ai margini spesso rimangono vicino allo zero a detrimento di un ecosistema che può cambiare ad ogni grado in più o in meno del termostato; per contrasto, il Polo Sud rimane al “fresco” con una temperatura media di meno cinquantasette gradi da gennaio a dicembre. Le grandi compagnie petrolifere si sfregano le mani anche supportati dai governi, l’amministrazione Obama ha dato a Shell il via libera per prima, Vladimir Putin ha definito strategiche le riserve non ancora sfruttate. A rischio c’è un sistema di valori e culture, ecosistemi, specie marine ed animali ormai a pochi decenni dalla loro estinzione mentre l’uomo fagocita un ambiente ostile da generazioni e con scarso interferenza dell’uomo. Oggi è alla portata di trivelle e navi appoggio.
Stiamo rimpiazzando il silenzio maestoso con il suono di macchine che non si fermeranno mai, lavoreranno ventiquattr’ore al giorno. Alcuni hanno predetto il 2030 come la data per il completo scioglimento dei ghiacci nel Circolo polare Artico, altri sostengono avverrà prima; ridurre i consumi di ogni giorno e salvaguardare l’esistente può rallentare lo sfruttamento ma non invertirne la marcia. Le fonti alternative e le tecnologie forse daranno un’opzione ad un costo accettabile per l’industria, l’ambiente e lo sviluppo che è fatto in gran parte anche dalle nostre scelte di vita nel quotidiano.
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