Data: 15/03/2013
 

L'acqua "virtuale" che asseta il mondo

E' quella necessaria alla produzione delle merci e rischia di prosciugare il terzo mondo sul quale grava la crescente domanda occidentale. Intervista a Francesca Greco e Marta Antonelli, autrici del libro: "L'acqua che mangiamo"

L'acqua "virtuale" che asseta il mondo

Secondo un report della UN Water, l'organo delle Nazioni Unite preposto alla ricerca e alla cooperazione in ambito idrico, circa 700 milioni di persone in 43 paesi sono colpiti dalla scarsità d'acqua e le prospettive future non sono rassicuranti. E' previsto infatti che, nel 2025, 2/3 della popolazione mondiale potrebbero vivere in condizioni di ridotto accesso all'acqua. Ed è soprattutto l’acqua virtuale, quella necessaria alla produzione delle merci, che rischia di prosciugare il terzo mondo sul quale grava, in modo sempre più pressante, la crescente domanda occidentale. Sono circa 3800 i chilometri cubi di acqua dolce che vengono prelevati ogni anno a livello globale, ma dato che entro il 2025, secondo le stime, vi sarà un miliardo di bocche in più da sfamare, la sola agricoltura richiederà altri 1000 chilometri cubi di acqua all’anno, ossia l’equivalente della portata di 20 fiumi delle dimensioni del Nilo.
La percentuale di acqua più utilizzata nel mondo è la cosiddetta "acqua virtuale", concetto introdotto dal Professore John Anthony Allan professore al King's College di Londra, termine con il quale si definisce la quantità di acqua necessaria per produrre e commercializzare gli alimenti e i beni di consumo. Successivamente Arjen Hoekstra direttore del Water Footprint Network ha introdotto, concetto di Water Footprint (Impronta d'acqua) con cui calcolare il contenuto d'acqua di un prodotto. Ne parliamo con Francesca Greco e Marta Antonelli, autrici del libro "L'acqua che mangiamo", edizioni Ambiente, in libreria dal 22 marzo (Giornata mondiale dell'acqua) e relatrici del webinar per Volontari per lo Sviluppo: "Acqua virtuale: quanta ne usiamo ogni giorno?".

Perché è importante parlare di acqua virtuale e impronta idrica? Qual è la situazione odierna riguardo all'accesso all'acqua  e quali gli scenari futuri?
M.A. L'acqua è una risorsa essenziale ma scarsa, non solo dal punto di vista fisico (ad esempio, in Medio Oriente) ma anche dal punto di vista economico (ad esempio in Africa). Questo secondo tipo di scarsità si concentra prevalentemente nei paesi in via di sviluppo, in cui spesso mancano le possibilità socio-economiche e istituzionali per assicurare l'accesso all'acqua. I problemi di scarsità dell'acqua potrebbero diventare ancora più gravi in futuro per la pressione che eserciteranno sulla domanda d'acqua fattori quali il cambiamento climatico, la crescita della popolazione, la crescita economica e l'aumento del consumo di alimenti di origine animale in molte parti del mondo.

Perché è importante parlare di acqua virtuale e impronta idrica?
M.A. L'importanza dei concetti di acqua virtuale e impronta idrica non è legato solo al valore che essi hanno come strumenti analitici per accademici e scienziati, ma anche per la loro capacità di veicolare la comprensione del reale consumo di acqua di attori individuali, come pure di Stati e imprese. Per quanto riguarda noi cittadini, attraverso i concetti di acqua virtuale e impronta idrica possiamo scoprire in che misura le nostre scelte alimentari incidano sulle risorse idriche locali e mondiali e come, aumentando la nostra consapevolezza e rendendo più virtuose le nostre abitudini con gesti semplici, possiamo farci promotori del cambiamento.

Come possiamo calcolare la nostra impronta idrica?
F.G. Esiste il water footprint network ideato da Arjen Hoekstra, il quale rileva l'impronta idrica dei cittadini di ogni paese. Questo network ci da solo una cifra standard  della nostra impronta idrica, e per sapere il consumo reale servono delle mappature più specifiche che non tutti fanno; ci sono però alcune grandi aziende del settore alimentare come Mutti e Barilla che stanno cercando di fare queste mappature, ed è anche quello che cerca promuovere Slow Food, la strada però è ancora lunga ma dobbiamo continuare affinché consumatori diventino più consapevoli di quello che consumano.

Le nostre scelte come influiscono sull'ecosistema e sulla popolazione e quanto siamo consapevoli  di tutto quello che c'è dietro i prodotti che compriamo?
F. G. I consumatori non sono sempre al corrente di cosa ci sia dietro quello che consumano, in particolar modo riguardo all'acqua che viene usata per la produzione dei beni. Innanzitutto bisogna imparare a differenziare le tipologie di acqua, come diciamo io e Marta (Antonelli) nel nostro libro “Non tutte le gocce d'acqua sono uguali e non tutti i pomodori sono uguali”, questo per dire che lo stesso prodotto può essere coltivato e prodotto in maniera totalmente diversa e questo incide sull'impatto ambientale, ad esempio l'allevamento intensivo e quello locale hanno due impatti ambientali differenti  e quindi due impronte idriche molto diverse, ed è per questo che il KM 0 è un buon metodo di produzione perché più il prodotto è locale minore sarà il suo impatto idrico. Per questo motivo  ogni consumatore dovrebbe iniziare a conoscere la filiera alimentare dei prodotti che compra e con quale acqua è irrigato. Alcune  aziende private stanno  cercando  di attuare una tutela idrica  e già  alcune organizzazioni internazionali, una su tutte le Nazioni Unite, applicano questo tipo di  tutela soprattutto nel settore alimentare.

Cecilia Trevisan - Torino

Link: Volontari per lo sviluppo
          L'acqua che mangiamo
          Water Footprint Network 

 

 

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