"Sistema Ponte", l'inganno Project Financing
Come trasferire un enorme flusso di denaro dalle casse dello Stato e dei territori a quelle delle imprese grandi opere e grandi appalti. Il movimento No Ponte, torna in piazza, con No Tav e No Muos. Intervista a Luigi Sturniolo
Il Consiglio dei Ministri di venerdì 1° marzo 2013 non ha prorogato il termine per il commissariamento, con successiva liquidazione, della società Stretto di Messina Spa. La vicenda del Ponte sospeso fra le coste siciliane e calabresi sembra, dunque, giungere finalmente al capitolo conclusivo. Il movimento No Ponte però non pensa che sia già arrivata l’ora di “andare in pensione” e rilancia la mobilitazione contro la grande opera invitando i cittadini a scendere in piazza a Messina sabato prossimo - 16 marzo - e partecipando alle iniziative No Tav e No MuOs del 23 e il 30 dello stesso mese. Il problema è che “Il Ponte sullo Stretto non è tanto un manufatto reale quanto piuttosto un processo nel quale sono stati sperperati da quarant’anni a questa parte circa 500 milioni di euro". A ricordarlo è Gino Sturniolo, storico attivista No Ponte e per i Beni comuni, autore e curatore di diverse pubblicazioni, l'ultima “Il Ponte sullo Stretto nell'economia del debito” (Edizioni Sicilia Punto L, 2013) chiarisce come le grandi opere, a prescindere dall’apertura di cantieri, altro non siano che l’ennesimo strumento di appropriazione privata di risorse pubbliche. Maree ha incontrato Sturniolo
Il movimento No Ponte sabato sarà in piazza. E' necessario continuare a manifestare contro grandi opere che difficilmente ormai vedranno la luce?
Il ponte non c’è più. Però ci troviamo ancora addosso il suo fantasma, stavolta sotto forma di penali. Un miliardo e duecento milioni di euro per il Ponte è la cifra richiesta da Eurolink. Somma che fa il paio con il miliardo e seicento milioni previste per “risarcire” CMC di Ravenna in caso di mancata realizzazione del Tav. Sono soldi (nello specifico, 150 mln di Euro) che sono già stati inseriti addirittura nel piano industriale di Impregilo per gli anni 2013-2015, come entrate sicure. Non solo. A leggere attentamente le dichiarazioni del ministro Corrado Passera si comprende facilmente che le manovre per rimettere in moto l’iter della costruzione del Ponte non sono cessate. In realtà possiamo affermare che fino a quando non verrà rescisso il contratto senza alcun pagamento di penali e fino al giorno in cui verrà liquidata la Stretto di Messina non si potrà dire che il Ponte sullo stretto è un capitolo chiuso. La Rete Noponte si pone tre obiettivi di fondo. Il lavoro, i trasporti e la sicurezza del territorio rispetto al rischio sismico e idrogeologico. Pensiamo che le risorse attualmente “imprigionate” nell’economia finanziaria potrebbero essere liberate a favore delle generazioni presenti e di quelle future. Per valorizzare la ricchezza sociale, le competenze e le attività che sui territori si producono. Per costruire la possibilità di un lavoro non subalterno, non alienato e non sfruttato. Per diffondere il potere economico, riattivare circuiti di partecipazione popolare, garantire l’accesso universale a ciò che è comune come l’istruzione, la salute, la cultura.
Il meccanismo con cui il sistema finanziario “sequestra “ le risorse economiche è al centro dell’ultimo libro da lei curato. Il Ponte non finisce mai?
C’è un capitolo del libro che anticipa proprio gli avvenimenti di questi giorni. Cioè che l’atto aggiuntivo non sarebbe stato controfirmato dalle parti e che si sarebbe aperta la questione delle penali. Non è una facile profezia ma semplicemente la descrizione di quello che accade all’interno del modello economico che produce le grandi opere. Un modello caratterizzato da due figure giuridiche ed economiche fondamentali come il general contractor e il project financing. Due strumenti che negli ultimi dieci anni sono serviti a trasferire un enorme flusso di denaro dalle casse dello stato e dei territori a quelle della ristretta cerchia di grandi imprese che hanno gestito le grandi opere i grandi appalti. Tutto questo è avvenuto attraverso la Legge Obiettivo, che ha sancito il passaggio da una gestione tradizionale dei lavori pubblici ad una di tipo aziendalista mediante il project financing, la finanza di progetto. Il successo di questo modo di procedere era dato dalla garanzia di remunerazione dell’opera. Gli introiti determinati - ad esempio - dai pedaggi avrebbero garantito altissimi profitti ai concessionari delle opere. Il libro non fa altro che raccontare come questo modello economico si sia rivelato una finzione. Pochi cantieri sono stati portati a termine e la progettazione delle opere è stata tutta a carico delle casse pubbliche.
Il partito del cemento vuole andare avanti comunque, come accade in Val di Susa. Con quali soldi?
L’ulteriore passaggio che si sta consumando in questa fase prevede nuove norme sul finanziamento delle opere. E’ quello che nel libro definiamo processo di finanziarizzazione delle infrastrutture. Si prevede che i nuovi progetti verranno pagati dato che le risorse pubbliche sono mangiate dal debito, con l’emissione di titoli collegati alle opere da realizzare, le quali si sosterrebbero attraverso gli introiti dell’opera stessa. In realtà così le grandi opere saranno insostenibili anche dal punto di vista economico, oltre che ambientale e sociale. Appoggiare l’apertura di cantieri sull’emissione di titoli significa andare incontro a bolle finanziarie che poi saranno pagate dalle casse pubbliche, dalla BCE e in ultima analisi dai risparmiatori. Si cattura il risparmio di lungo termine. Assicurazioni vita, fondi sovrani, fondi pensione.
Pubblico corrotto, privato saccheggiatore. Come se ne esce?
Tutela del territorio contro militarizzazione, trasporti sostenibili contro grandi opere, reddito, formazione, servizi sociali. In Italia c’è un serio problema di credibilità delle istituzioni democratiche, di controllo popolare dell’impiego delle risorse economiche. Noi vogliamo individuare un modello nuovo che sottragga la società alla tenaglia pubblico corrotto-privato saccheggiatore. La definiamo strategia dei beni comuni, o meglio, del Comune. Consiste nel provare ad immaginare la possibilità di una democrazia oltre questa falsa contrapposizione pubblico-privato. Uscire dal meccanismo "appropriativo" che oggi è tipico sia del privato quanto del pubblico gestito in maniera clientelare, ad esempio, con regolamenti condivisi degli usi civici. I movimenti contro le grandi opere saranno una importante risorsa per costruire tutto questo.
Tonino Cafeo - Messina
Link: Ponte sullo Stretto, "aperti" i cantieri finanziari
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