Stretto di Messina, il grande ricatto del Ponte
Il Consiglio dei Ministri ci ripensa e proroga i termini per l’approvazione del progetto definitivo al fine di verificarne la fattibilità tecnica e le condizioni di bancabilità. Un "risarcimento" per Impregilo & co.
"Non c'è alcuna intenzione di riaprire il discorso sul ponte sullo stretto di Messina, al contrario, il governo vuole chiudere il prima possibile le procedure aperte anni fa dai precedenti governi, per farlo deve seguire l'iter di legge". Così si esprimeva il 30 settembre scorso il Ministro dell'ambiente Corrado Clini, a proposito dell'attraversamento stabile fra Calabria e Sicilia. Una chiusura secca per una grande opera che per quarant'anni ha fatto parlare di se, riempiendo faldoni di documenti e popolando come un sogno o un incubo - a seconda dei punti di vista - le fantasie di ampie porzioni di popolazione delle due regioni e le ambizioni di politici di ogni colore.
Monti ci ripensa - Ad appena un mese, però, e il governo Monti sembra averci ripensato e offre alla società Stretto di Messina, quasi come un regalo di Halloween, una nuova proroga di due anni. "Il Consiglio dei Ministri - si legge infatti in una nota diffusa da palazzo Chigi - ha deciso di prorogare i termini per l’approvazione del progetto definitivo del Ponte sullo stretto di Messina al fine di verificarne la fattibilità tecnica e la sussistenza delle effettive condizioni di bancabilità. Tale decisione è motivata dalla necessità di contenimento della spesa pubblica, vista anche la sfavorevole congiuntura economica internazionale, ed è in linea con la proposta della Commissione europea dell’ottobre 2011 di non includere più questo progetto nelle linee strategiche sui corridoi trans-europei. Solo tali opere, infatti, possono godere del co-finanziamento comunitario.” Qualora in questo periodo di tempo non si giungesse a una soluzione tecnico-finanziaria sostenibile - prosegue il comunicato - "scatterà la revoca ex lege dell’efficacia di tutti i contratti in corso tra la concessionaria Stretto di Messina spa e il contraente generale, con il pagamento delle sole spese effettuate e con una maggiorazione limitata al 10%. Questa nuova procedura dovrà essere accettata dal contraente generale tramite la sottoscrizione di un atto aggiuntivo al contratto vigente. In ogni caso, durante il periodo di proroga, previa deliberazione del Cipe, potranno comunque essere assicurati sui territori interessati interventi infrastrutturali immediatamente cantierabili, a patto che presentino una funzionalità autonoma e siano già compresi nel progetto generale”.
Un “combinato disposto”, dunque, in cui pesano da un lato le preoccupazioni per le conseguenze della crisi del debito pubblico e dall'altro il timore di dover pagare ad Impregilo sostanziose penali (a partire da 300 milioni) per la rescissione dei contratti, ha dunque concesso ad una partita che sembrava definitivamente chiusa i classici tempi supplementari.
Il grande inganno - L'osservazione che da sempre fanno gli oppositori, più lucidi dei "governatori" dei megacantieri: “Noi non abbiamo mai visto il ponte fermarsi davvero” torna così ad assumere i contorni della lucida profezia. “Nei programmi di chi alimenta questo grande inganno, la costruzione del manufatto d’attraversamento non è essenziale - scrive Gino Sturniolo, curatore del volume “Ponte sullo stretto e mucche da mungere” - Ciò che conta davvero è mantenere aperto il capitolo di spesa, avere a disposizione un collettore di risorse pubbliche. Sarà, poi, la contingenza economica a determinarne l’entità. Il Ponte, insomma, è un dispositivo che corrisponde ad un modello”.
Lungi dall’essere un motore dello sviluppo del meridione - per dirla ancora con Sturniolo: "il Ponte è una tipica infrastruttura della crisi. Sta lì, fermo, ad aspettare che qualcuno ci butti dentro qualche centinaio di milioni di euro ogni tanto, allo stesso modo che per il Tav, per i termovalorizzatori, per il Mose, per autostrade come la Salerno-Reggio Calabria. Sono opere (le chiamano grandi opere) che provano a tenere in vita una forma impresa in crisi perenne, una forma impresa che intrattiene col territorio rapporti di carattere predatorio.”
Una griglia analitica rigorosa che spiega come mai il mostro dello stretto, pur non avendo dato vita negli anni ad un solo vero cantiere - con l'eccezione di quelli per le indagini geologiche nell'estate di due anni fa - continua a divorare risorse preziose senza arrecare alcun beneficio se non a chi lo ha promosso e progettato.
Attività di “promozione” che costerebbe intorno agli otto, nove, milioni di euro l'anno, secondo alcune interrogazioni parlamentari, che vengono impiegati per mantenere la Stretto di Messina: “dagli stipendi alle consulenze all’acquisto della cancelleria”. Una somma che si deve aggiungere ai 300 milioni di euro spesi dal 1985 ad oggi per “le gare, gli studi preliminari, i progetti”. Il quadro delineato, perciò, renderebbe la richiesta di penali da parte di Impregilo un'efficacissima arma di ricatto e giustificherebbe anche la trattativa riservata che, secondo alcuni, sarebbe il vero motivo della proroga e che avrebbe come posta in palio la possibilità per la multinazionale delle costruzioni di eseguire nell'area dello Stretto un “pacchetto di lavori” in qualche modo connesso alla realizzazione del Ponte e “risarcitorio” per l'annullamento della medesima.
Il patto segreto - Ma secondo l'economista Guido Signorino, dell'Università di Messina, il fondamento giuridico delle pretese di Impregilo sarebbe dubbio. “Nel contratto stipulato tra Stretto di Messina Spa ed Eurolink non esiste alcun titolo giuridico perfezionato che dia diritto a penali in seguito a decisione di blocco lavori - scrive il docente universitario -. Inoltre, il progetto non ha ancora ottenuto approvazione da parte del CIPE. Solo in tal caso scatterebbe un rimborso delle spese di progettazione accresciute del 10%. La penale di cui tanto si parla - conclude Signorino - deriverebbe da un accordo riservato stipulato tra Stretto spa ed Eurolink del settembre 2009 che, modificando quello precedente, introduce (tra l'altro) la suddetta penale, che scatterebbe a seguito della sempliceapprovazione da parte della società Stretto spa: assenso accordato dall' amministratore delegato Ciucci nella sua qualità di commissario straordinario per il Ponte".
Dunque, per l'autorevole economista messinese, i termini della gara d'appalto e quelli dell'offerta vincente sarebbero stati alterati ex post da quest'ultimo accordo, per cui ogni richiesta di risarcimento basata su di esso sarebbe priva di basi reali. La scelta del nuovo rinvio di una decisione definitiva sul Ponte, perciò, non è per nulla obbligata. Serve solo a conciliare “gli interessi di lungo periodo dei soci di maggioranza” del governo Monti con le ristrettezze dettate dalla crisi finanziaria e dall'evidente disinteresse mostrato dall'Europa, che sta rivedendo le proprie priorità in materia di modernizzazione dei trasporti.
L'incognita Regione Sicilia - La storica richiesta del movimento contro il Ponte di giungere in tempi rapidi allo scioglimento della Stretto spa assume in questa fase particolare autorevolezza e nuova forza. Con la vittoria elettorale della coalizione PD - Udc alle regionali siciliane il fronte del No, in teoria, si è rafforzato. In pratica si attende solo l'annuncio del ritiro della Regione dalla società e dell'apertura di una vertenza con il governo centrale per il riutilizzo sostenibile delle somme risparmiate. Solo che Rosario Crocetta, per tutta la durata della campagna elettorale, si è guardato bene dall'affrontare questo tema.
Tonino Cafeo - Messina
Il Link: Ponte sullo Stretto, un fantasma succhia soldi
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