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Australian fear. Barriera corallina? O un mare di carbone?
The Alpha Coal Project, così si chiama, è un progetto estrattivo approvato dal governo australiano nell'area chiamata Galeele Basin, nella parte sud orientale del Queensland e fa paura
I nostri amici di Avaaz e Greenpeace hanno lanciato un altro grido di allarme che noi di Maree non potevamo non raccogliere. Chi ha avuto la fortuna di ammirare la bellezza del reef australiano nella regione del Queensland, sa di cosa parliamo. Apprendere di un possibile danno permanente derivante dallo sfruttamento minerario di questo paradiso, tanto da essere riconosciuto dall'Unesco come patrimonio naturale dell'umanità, non può non lasciarci senza parole. The Alpha Coal Project, così si chiama, è un progetto estrattivo approvato dal governo australiano nell'area chiamata Galeele Basin, nella parte sud orientale del Queensland. Per un valore di circa sei miliardi e quattrocento milioni di dollari, sponsorizzato dalla Rinehart Hancock Coal, prevede - tra le infrastrutture - anche la costruzione di una linea ferroviaria di 450 km per il trasporto del minerale grezzo ai porti di smistamento e di carico, con tutti gli effetti collaterali del caso che inevitabilmente ricadranno sul territorio.
Tra i primi ad auspicare un ripensamento e ad opporsi al progetto c'è Greenpeace, l'associazione ha più volte sollecitato il governo federale Australiano ad introdurre vincoli ambientali chiedendone la revisione. L'estrazione del carbone è solo la punta dell'iceberg, il pericolo ancora più grande per la barriera corallina nascerà nella fase dello smistamento e del trasporto del fossile. Dettato dalla nuova rotta di navi mercantili di alto tonnellaggio che farebbero la spola tra i nuovi porti industriali da carico come ad esempio Abbott Point, cià creerebbe uno squilibrio all'ecosistema ambientale non indifferente. Si calcola che quasi diecimila navi da carico attraverserebbero la Barriera Corallina giorno e notte, con un incremento del 480% rispetto al traffico registrato nel 2011 nella stessa area. Ad aggravare il tutto interverrebbe, paradossalmente, l'aumentata capacità estrattiva del Queensland che, una volta a regime con il nuovo progetto, passerebbe da 257 a 944 millioni di tonnellate nel 2020. Un "mare di carbone" che in caso di "incidente" causerebbe danni irreparabili.
E' chiaro che la popolazione delle aree in cui si svilupperà “The Alpha Project” potrebbe beneficiarne dal punto di vista occupazionale, anche grazie ad un indotto di nuova generazione che porterebbe “nuova linfa” ad una area con problemi strutturali, lo sa bene anche il governo che ha imposto una tassa del 30% alle compagnie minerarie proprio per ingraziarsi quella fetta della popolazione e di opinione pubblica che chiede a gran voce una redistribuzione dei profitti da destinare a tutta l’Australia. In alcune zone del Paese, infatti, le infrastrutture di prima necessità ancora aspettano di passare dalla fase progettuale a quella operativa, come a Moranbah. Il nostro watermagazine sarà sempre in prima linea e pronto a dare spazio ad iniziative che mettono in luce progetti “pericolosi”, consapevoli che spesso nel calderone globale delle notizie non sempre si riesce a dare la “giusta collocazione” alle “giuste cause”. Ed è per questo che mi rivolgo a voi lettori di Maree, affinché la nostra “informazione” sia anche la vostra. Le vostre segnalazioni saranno per noi importantissime, l'insostenibilità e gli sprechi della produzione, dell'industria, della pianificazione territoriale, della politica, così come quelli della sfera domestica e dei consumi sono una grave ipoteca sul nostro futuro e su quello delle generazioni che verranno. Sul prossimo numero vi parleremo delle trivelle nel Canale di Sicilia (a due passi dall'area marina protetta delle isole Egadi) e delle "grandi navi" nella laguna di Venezia.
Carlo Bochicchio - Londra
P.S. Per tutti coloro che sono interessati a questa inziativa: il link sulla campagna in difesa della barriera corallina australiana di Avaaz.org
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