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Chi salverà Venezia? Who does What in Venice?
Là dove un tempo era il Bucintoro del Doge a dare spettacolo, oggi sono le grandi navi da crociera, con la complicità di molti come spiega The New York Review of Books con dovizia di nomi e fatti
Chi salverà Venezia? “Qui non è più una questione di scempio del paesaggio veneziano, di sporcizia, di folla che straripa, qui c’è un pericolo, un pericolo reale. Ci vuole niente che succeda come a Genova, che uno di questi grattacieli orizzontali vada a sbattere su Palazzo Ducale, su San Giorgio, sulla Punta della Dogana. Li ho fotografati così perché si vedesse non solo che sono orrendi, ma che fanno terrore”. Parole dure quelle di Gianni Berengo Gardin, tanto quanto le foto del suo reportage contro le gigantesche navi che invadono la Laguna. Parole raccolte da Repubblica nell’intervista a tutta pagina pubblicata, non a caso, il sabato del weekend di mobilitazione per liberare Venezia dalle grandi navi e dalla “logica” delle “grandi opere” che le manovra. Berengo Gardin si è mosso per conto suo, precisa, ma è pronto a mettere a disposizione le sue foto al Comitato “No Grandi Navi” per “appoggiare la loro battaglia”.
Questa tre giorni di mobilitazione internazionale, “par tèra e par màr”, dal 7 al 9 giugno, promuove di fatto Venezia come sede di quella che già può definirsi la prima Conferenza nazionale dei movimenti territoriali, che un po’ dovunque in Italia lottano contro il sacco dell’Ambiente ed hanno molti nemici: stampa, politica, capitali. Per restare sull’entità del pericolo quotidiano che naviga tra la Giudecca e Piazza San Marco basta scorrere i dati diffusi in questi giorni: la più piccola delle grandi navi da crociera che sfilano davanti alla Cattedrale e il Palazzo Ducale è tre volte tanto le 40.000 tonnellate della Jolly Nero, protagonista della tragedia di Genova. E quando passano, fanno tremare vetri e pavimenti, tolgono la vista alle finestre e oscurano il sole lungo la riva delle Zattere. Ma, appunto, non si tratta di sola “estetica”. I problemi - come scrivono in un comunicato il Comitato "No Grandi Navi" e Laguna Bene Comune - sono ambientali e sanitari, sociali ed economici. Gli standard internazionali consentono alle compagnie di navigazione l'uso di carburanti con una concentrazione di zolfo tremila volte superiore a quella degli autoveicoli, e studi prudenziali stimano le emissioni di una singola nave da crociera pari a quelle di 14.000 automobili. Un inquinamento selvaggio dell’aria, dal momento che questi "condomini galleggianti" tengono i motori sempre accesi anche in banchina a pochi metri da quartieri densamente abitati.
Who does What in Venice? That is the question. Tra le tante analisi abbiamo scelto di proporvi la lettura della Questione Veneziana firmata da Anna Somers Cocks, fondatrice di The Art Newspaper, pubblicata in questi giorni sul sito della autorevole The New York Review of Books che ha il pregio di rivolgersi alla comunità internazionale. Un appassionato, anche questo, lavoro di denuncia, un “dovere civile” per dirla con Berengo Gardin. Una analisi, quella di Somers Cocks, “forte” anche dell’esperienza dell’autrice come presidente della fondazione Venice in Peril dal 2000 al 2012 che si rivela, nei dettagli della sua condivisibile "narrazione" degli eventi, nell’intreccio che ruota intorno al tardivo Piano Unesco per la gestione di Venezia, presentato nel 2012, con più di 30 anni di ritardo, atto dovuto dal 1987, anno del riconoscimento della città e del suo ecosistema “patrimonio dell’umanità”. Un patrimonio minacciato oggi più di ieri da una politica del territorio e dell’umanità tutt’altro che conservativa, quella delle grandi opere come la Torre di Cardin, il Mose, un porto per le merci o meglio un Hub intermodale che ha l’ambizione di essere punto di riferimento per gli scambi con il Medioriente, le grandi navi e altro ancora.
The coming death of Venice? E’ il titolo dell’articolo, il prossimo 20 giugno uscirà anche sulla versione cartacea della NY Review of Books, che rivela l’ambizione (per altro soddisfatta) di riallacciare i fili di un rapporto complesso e conflittuale tra la Laguna, la città, gli abitanti, la politica (local e glocal) e il flusso di denaro che organizza e comanda "indisturbato". Eloquente la genesi del Piano di gestione (tardivo) del sito Unesco “Venezia e la sua laguna”. Approvato il 9 novembre 2012 dal consiglio comunale, si è rivelato uno strumento inutile, svuotato della sua rilevanza, un documento che colpisce per la “capacità di ignorare la realtà dei fatti e l’evidente servilismo di fronte ai gruppi di interesse”. Tant’è che (come denunciano da tempo le associazioni, come Italia Nostra e lo stesso Comitato "No Grandi Navi") i redattori di quello che doveva essere un “Piano di tutela e salvataggio di un patrimonio mondiale” sono stati gli stessi enti ai quali le associazioni dei cittadini attribuiscono le responsabilità del degrado che minaccia la città e la sua laguna.
“Negli ultimi 30 anni Venezia è stata oggetto di dispute tanto politicizzate in cui la verità è la prima vittima”, scrive A. Somers Cocks. E se “un fatto aritmetico può essere trattato come una questione di opinione e la maggior parte delle persone semplicemente alzano le spalle”, la città è a rischio. Si era obbligati dall’Unesco a presentare un piano per la gestione del sito ed è stato fatto soltanto nel 2012 con un documento di 157 pagine, affermando di aver consultato ben 250 enti e associazioni. Ma guarda caso - rivela A.S. Cocks - venendo a scoprire che il Comitato "No Grandi Navi" non era stato incluso tra le parti consultate; non fu difficile capire che lo era stata invece l'Autorità portuale, dato che il piano dichiara che il Porto va sviluppato "come parte del patrimonio storico, economico e sociale di Venezia e della sua laguna". Parole quelle appena citate tra virgolette - fa notare la fondatrice di The Art Newspaper - “pronunciate dallo stesso Paolo Costa, presidente del Porto e orgoglioso delle navi da crociera che ha attratto”. D’altra parte il consiglio comunale di Venezia non ha alcuna autorità sul Porto né sui canali che vi conducono, “è come se il sindaco di New York non avesse poteri su Broadway”. Tutti gli aspetti economici sono gestiti dall’Autorità portuale e dell'aeroporto (interessato alle crociere perché trasporta molti dei passeggeri allo scalo).
Dopo l’incidente della Costa Concordia davanti all'isola del Giglio, accaduto il 13 gennaio 2012, Francesco Bandarin, vice direttore generale dell'Unesco per la Cultura, scrisse una lettera al Ministero dell'Ambiente italiano nella quale rilanciava una "preoccupazione di vecchia data": il rischio al quale veniva sottoposta Venezia ogni giorno e la sua laguna con il passaggio delle grandi navi da crociera. Un decreto del governo poco dopo vieterà alle navi di oltre 40.000 tonnellate di navigare lungo il Canale della Giudecca. Decreto ignorato. “Eppure - annota A. S. Cocks - nonostante questo decreto e il ricorso formale di un membro anziano dell’Unesco, nonostante il fatto che il Comune stava scrivendo il piano di gestione per l'Unesco, essendo responsabile di un patrimonio mondiale dell’Unesco, gli autori non hanno avuto abbastanza coraggio per far uscire il più piccolo squittio contro gli interessi del VPA (Paolo Costa, Venice Port Authority ndr). Ho chiesto a Giorgio de Vettor, uno dei coordinatori del progetto, perché le navi da crociera non sono state menzionate, e non fui sorpresa, se non per il suo candore, quando mi rispose: lei capisce il motivo".
Già, lei capisce il motivo. Ma chi salverà Venezia? Non, certo, la stampa italiana. Who does What in Venice? Leggere The New York Review of Books.
Sabrina Deligia - Roma
Link: The coming death of Venice? (A. S. Cocks)
"Ho fotografato le navi-mostro che assediano la mia Venezia" (G. Berengo Gardin)
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