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Acqua, in casa si risparmia. Virtuosi o impauriti?
Nell’ultimo decennio i consumi idrici per uso domestico sono scesi del 15%. Gli italiani riducono gli sprechi e razionalizzano le risorse? Solo il 13%. Vi spieghiamo perché, con l'aiuto delle associazioni dei consumatori
Gli italiani consumano meno acqua per uso domestico, riducono gli sprechi, razionalizzano le risorse. A dirlo è l’Istat a confermarlo i dati del rapporto “Noi Italia: 100 statistiche per capire il Paese” che registrano un calo del 3,7% dell’uso di acqua potabile (riferito al 2011), in linea con il trend decennale del 15%. Improvvisa conversione al "consumo critico" o c’è qualcos'altro? “Sicuramente - spiega Mauro Zanini, vice presidente di Federconsumatori - c’è una maggiore consapevolezza da parte degli italiani aiutati anche dalle tante campagne di sensibilizzazione promosse da associazioni e Comuni. Da sola però - aggiunge - non basta a spiegare tutto”.
Un contributo ce lo offre sempre la fotografia scattata dall’Istituto di statistica che pone il “gusto” al primo posto (29,8%) tra gli intervistati nelle motivazioni che li spingono a preferire l’acqua di rubinetto, il risparmio economico al quarto (16,3%) e solo per ultimo l'attenzione verso l'ambiente (13%). Dati che spiegano anche il perché il nostro Paese è il primo consumatore in Europa di acqua in bottiglia, terzo nel mondo dietro a Messico e Arabia Saudita. Ma se si risparmia sull’acqua corrente perché il 61% delle famiglie italiane continua a spendere 19 euro al mese per acquistarla in bottiglia? Un altro spunto ce l’offre l’indagine condotta da Rur-Censis per le Teknocittà secondo la quale gli italiani non si fidano dell’acqua di rubinetto e solo il 47% dichiara di berla.
Una paura ingiustificata, visti i numerosi controlli cui è sottoposta, ma che trova spesso fondamento come nel caso dei comuni del viterbese, nel Lazio, da mesi senz’acqua corrente per la presenza di arsenico nelle falde acquifere. Una processo naturale legato alla natura vulcanica del territorio ma che in tutti questi anni non ha trovato soluzioni. “La riduzione del consumo è prevalentemente legata al costo dell’acqua - ci conferma Ivano Giovannelli, presidente dell’Associazione Codici - Ci sono poi situazioni particolari in cui la paura incide in maniera importante. Mi sembra chiaro - aggiunge - che l’ la riduzione è riferita ai limiti imposti”.
Come quello della distribuzione. Il nostro sistema idrico fa acqua da tutte le parti, in molte zone non si beve acqua corrente semplicemente perché il più delle volte non arriva nelle case nonostante l’abbondanza di risorse. Secondo l’Eurostat in Italia cadono in media 296 metri cubi di acqua l’anno che in aggiunta ai nostri invasi naturali ci forniscono circa 157 miliardi di metri cubi di acqua, 3mila l'anno per abitante (sesti in Europa dietro la Francia, Norvegia, Spagna, Svezia e Germania).
Una risorsa immensa ma che non riusciamo a sfruttare. In rete immettiamo solo 136 metri cubi a testa l’anno. I 337mila chilometri di acquedotti arrivano solo ad un terzo di quanto è disponibile in pozzi e sorgenti. L’acqua che riusciamo a convogliare si perde per lo più per strada: di100 litri raccolti alla fonte, nelle case ne arrivano solo 53 per uno spreco complessivo di circa 2,5 miliardi di euro ogni anno. Gli ultimi dati riferiti al 2011 dicono che quasi una famiglia su dieci residente in Italia ha lamentato irregolarità nell’erogazione (per lo più al Sud).
Andando rileggere quanto accaduto poi in quest’ultimo decennio a livello politico ed economico, le cose appaiono ancora più chiare. Al pari infatti di una costante fuga dai consumi si è registrato un progressivo aumento delle tariffe pari al 65%: nel 2002 ogni italiano pagava in media 182 euro l'anno per il servizio idrico, oggi siamo a 301. Nel mezzo, un processo di riforma del sistema idrico nazionale che ha portato ad una sempre maggiore presenza di soggetti privati nella gestione dell’oro blu e un referendum che ha bocciato questa riorganizzazione, ma di fatto ignorato. Come dimostra la recente sentenza del Consiglio di Stato (1 febbraio 2013) che ha "giudicato" gli aumenti delle tariffe degli ultimi anni, incoerenti con il risultato referendario del 2011, con particolare riferimento a quel 7% di aumento sulle bollette, legato alla remunerazione del capitale investito dalle società nonostante l’esito referendario ne abbia sentenziato la incostituzionalità.
A registrare i maggiori cali nei consumi di acqua per uso domestico sono stati, forse non a caso, quei comuni dove maggiore è l’impatto del privato nella gestione del servizio idrico come Agrigento ad esempio, la città più cara, Arezzo o Firenze, che sono al secondo e al terzo posto (-10% circa). Diversa è la storia in altre città come Milano, dove il servizio è ancora totalmente pubblico, gestito dalla società Metropolitana, e dove si pagano le tariffe più basse.
“Legare il calo dei consumi ad una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente o del consumo critico da parte degli italiani - avverte ancora Giovannelli - sarebbe un messaggio fuorviante, non fosse altro perché il vero problema è quello dell’uso industriale ed agricolo che copre i due terzi del nostro fabbisogno idrico. Il virtuosismo - conclude - dovrebbe essere rilevato in questo senso”.
Giuliano Rosciarelli - Roma
Le "water-towers" che illustrano l'articolo sono dell'artista-designer Bruce Munro photo by Schamis
London, Longwood Gardens Light Installations by Bruce Munro, photo by Schamis on Flickr.
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