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Acqua Italia: alluvioni, inquinamento e potabilità
L'inchiesta. Viaggio nel complesso mondo delle norme per la gestione delle risorse idriche. Parla Giorgio Cesari, presidente dell'Autorità di Bacino del fiume Tevere e per l'Italia Centrale dell'Associazione Idroelettrica Italiana
Sardegna, Calabria, Liguria, Marche: sono solo alcune delle regioni colpite da nubifragi e alluvioni (alcune con conseguenze particolarmente tragiche) nei soli ultimi due mesi del 2013. Il copione in questi casi è quasi sempre lo stesso: grande attenzione mediatica immediatamente successiva all'evento, servizi, collegamenti, trasmissioni, tutto ruota intorno alla ricerca delle cause per poi assistere ad un improvviso spegnersi dei riflettori che lascia molte domande in sospeso.
Tra tutte, quella che non ci si dovrebbe mai porre, e che invece nella maggior parte dei casi lascia intendere che la risposta sia positiva: si poteva evitare? Eppure l'Italia non è solo questo. E' anche un paese che dal punto di vista naturalistico offre bellissimi spettacoli in cui l'acqua è protagonista assoluta e che, anche in ambito gestionale, può offrire esempi di qualità ed eccellenza. Per questo, a partire da questo numero, vogliamo occuparci di come viene gestita l'acqua in Italia, regione per regione, per cercare di mettere in evidenza quali sono i punti di forza e quali invece i problemi e le mancanze.
In questo primo appuntamento, abbiamo chiesto un quadro introduttivo, soprattutto per quanto riguarda il complesso mondo delle norme e leggi nazionali riguardanti la corretta gestione delle acque all'ingegner Giorgio Cesari, presidente dell'Autorità di Bacino del fiume Tevere e della sezione Italia centrale dell'Associazione Idrotecnica Italiana (AII).
Può tracciare un quadro dell'evoluzione normativa sulla gestione delle acque in Italia?
Dagli anni Novanta ad oggi, l’evoluzione del quadro normativo in materia di legislazione ambientale ha subito una sostanziale accelerazione, impressa anche dalla necessità di attuare le normative europee di settore, quali la Direttiva 271/91/CE in materia di tutela delle acque dall’inquinamento; la Direttiva sul settore delle acque potabili (98/83/CE); nonché la Direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) e quella relativa alla gestione delle alluvioni (2007/60/CE).
Il recepimento delle due direttive, di fondamentale importanza per le risorse idriche (Direttiva “Quadro” e Direttiva “Alluvioni”), è avvenuto con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale. Parte Terza: Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche) e con il decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 (Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvione), che stabiliscono, rispettivamente, che i piani di gestione dei bacini idrografici siano pubblicati entro nove anni (2009) dall'entrata in vigore della direttiva e riesaminati e aggiornati entro 15 anni (2015) e, successivamente, ogni sei anni e che il Piano di gestione del rischio alluvioni, sia ultimato e pubblicato entro il 22 giugno 2015.
Il Decreto Legislativo 10 dicembre 2010, n.219, all’art. 4 (Disposizioni transitorie) contempla che ai fini dell'adempimento degli obblighi derivanti dalle direttive 2000/60/CE e 2007/60/CE, nelle more della costituzione delle autorità di bacino distrettuali di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni:
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le autorità di bacino di rilievo nazionale, di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, provvedono all'aggiornamento dei piani di gestione previsti all'articolo 13 della direttiva 2000/60/CE. A tale fine dette autorità svolgono funzioni di coordinamento nei confronti delle regioni ricadenti nei rispettivi distretti idrografici;
- le autorità di bacino di rilievo nazionale, di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e le regioni, ciascuna per la parte di territorio di propria competenza, provvedono all'adempimento degli obblighi previsti dal decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Ai fini della predisposizione degli strumenti di pianificazione di cui al predetto decreto legislativo n. 49 del 2010, le autorità di bacino di rilievo nazionale svolgono la funzione di coordinamento nell'ambito del distretto idrografico di appartenenza.
Cosa si intende per sistema idrico integrato?
Sia nell’ambito della tutela e dell’uso sostenibile delle risorse idriche sia nella difesa del suolo, la norma di riferimento è il D.Lgs n° 152/2006, che innova e modifica il precedente D.Lgs. 152/99, in attuazione della direttiva europea 2000/60/CE sulle acque, mirata all’attuazione di una politica sostenibile a lungo termine che permetta una gestione corretta delle acque interne, delle acque di transizione e delle acque marino costiere, anche al fine di garantirne la balneabilità.
Questa normativa di riferimento riprende i principi fondamentali di sostenibilità della gestione delle acque, già presenti nelle precedenti norme, ma, al tempo stesso, è volta ad attuare le direttive comunitarie ed in particolare gli orientamenti in materia di acque quali:
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la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi della risorsa,
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la qualità ambientale del corpo idrico come obiettivo da perseguire su scala di bacino idrografico,
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la disciplina degli scarichi,
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la diversificazione delle azioni in base alla vulnerabilità del territorio.
Nell’ottica del rispetto delle prescrizioni contenute nel D. Lgs n°152/2006 e ss.mm.ii, sullo stato della qualità dei corpi idrici, e di quelle previste dal Piano di Tutela della Regione Lazio, il gestore del SII realizza interventi strutturali volti a mitigare l’inquinamento cronico delle acque, che possono essere riassunti nelle seguenti tipologie:
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Potenziamento dei grandi impianti di depurazione,
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Eliminazione di scarichi non depurati,
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Costruzione di nuovi impianti di depurazione e collettori fognari.
Nel settore delle acque destinate al consumo umano, l’attuale normativa di riferimento è rappresentata dal D. Lgs. n. 31/2001 ss. mm. ii., che, recependo la Direttiva Europea 98/83/CE, disciplina il campo delle acque potabili e definisce i parametri analitici da rispettare per garantire la potabilità dell’acqua.
Tale normativa prevedeva sino al 31.12.2012 la possibilità per i Gestori del SII di richiedere di deroghe, riguardanti in generale parametri chimici come Arsenico, Fluoro e Vanadio, naturalmente presenti nelle fonti di approvvigionamento sotterranee in aree di origine vulcanica.
Tali deroghe sono state previste come misura transitoria per permettere ai Gestori del SII di realizzare nel frattempo soluzioni strutturali mirate a garantire il rientro dei parametri nei limiti di legge.
Qual è l'importanza di enti come le Autorità di Bacino?
I Piani per la gestione dei bacini idrografici sono strumenti essenziali per l’attuazione della direttiva “quadro” sulle acque (2000/60/CE). Già la legge n. 183 e, successivamente, la legge 8 giugno 1990 n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali, hanno contribuito a disegnare un nuovo modello organizzativo dell’intervento pubblico a livello territoriale: il bacino idrografico. Il governo dei bacini idrografici di rilievo nazionale è attribuito a “autorità” costituite da rappresentanti statali e regionali (o delle Province Autonome).
Compito principale dell’Autorità di Bacino è la redazione del piano di bacino, che, elaborato per sottobacini o per stralci riguardanti settori funzionali, è qualificato come piano territoriale di settore, assume la valenza di Piano sovraordinato ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisico-ambientali del bacino idrografico interessato.
Nel tendere alla tutela del territorio, la pianificazione di bacino si estrinseca in un insieme di norme tecniche derivanti dalle azioni di prevenzione, di controllo, di contenimento o di superamento dei rischi conseguenti alla stagionalità dei cicli idrologici, al grado di stabilità dei bacini imbriferi, agli usi plurimi delle acque. A conclusione di approfonditi studi, di indagini conoscitive e di analisi tecniche, l’azione pianificatoria determina gli indici di rischio e di pericolo e gli strumenti di protezione per la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica e idraulica, l’utilizzazione delle acque e dei suoli. La pianificazione di bacino è orientata alla tutela di interessi generali, quali l’equilibrio del bilancio idrico, la stabilità dei versanti, dei suoli e dei litorali, gli usi plurimi e condivisi delle acque nel rispetto degli andamenti stagionali e ciclici.
In questi anni si sente parlare sempre più spesso di piene e alluvioni: quali sono gli strumenti per gestire al meglio il bacino di un fiume e prevenirne le esondazioni?
Il Piano di Gestione delle Risorse Idriche persegue il sistema di obiettivi derivanti da piani regionali e di settore e dall’obiettivo “strategico” di Distretto inerente alla riorganizzazione del sistema di approvvigionamento della risorsa e di distribuzione dell’acqua ai poli regionali di fornitura.
La redazione del Piano di Gestione del Distretto ha seguito il disposto degli artt. 116 e 121 del D. Lgs. n. 152/2006, analizzando le caratteristiche (fisiche, sociali ed economiche) del distretto stesso per l’organizzazione in sub-distretti con elevata omogeneità globale, individuando pressioni e impatti sulle acque superficiali e sotterranee a scala di bacino, e i corpi idrici superficiali e sotterranei (in attuazione delle procedure previste dal D.M. n. 131/2008) quali elementi di base degli sviluppi analitici sul livello di rischio di non conseguimento degli obiettivi della Direttiva 2000/60/CE.
Sulla scorta di quanto previsto nel D.M. del 17 luglio 2009, sono definiti pressioni e impatti significativi, di scala locale e distrettuale, nonché gli strumenti di gestione del Registro delle Aree protette contengono i “vincoli ambientali predefiniti” del modello per la definizione degli obiettivi del Piano. Sono stati predisposti i programmi di monitoraggio, operativo e di sorveglianza, della rete distrettuale dei corpi idrici superficiali e sotterranei e i relativi costi, annui medi e relativi al sessennio 2010-2015.
Accanto al monitoraggio delle grandezze fisiche è prevista l’integrazione delle banche-dati socio-economiche, nazionale e regionali, per realizzare l’incrocio delle informazioni e caratterizzare in modo univoco la struttura di utilizzo dell’acqua di ogni distretto. La struttura sopra descritta trova sostegno sul canone e sulla tariffa (e anche contributo alla tariffa) per quanto riguarda il settore idroelettrico, il settore civile e gran parte del settore irriguo, sul solo canone per quanto riguarda la parte di autoapprovvigionamento e gli altri usi.
I costi debbono, pertanto, trovare copertura sul binomio canone-tariffa, in ossequio al principio sancito dall’art. 9 della Direttiva del “chi inquina paga”, sulla fiscalità generale (DPEF e bilanci regionali), come peraltro previsto dallo stesso art. 9, par. 3, della Direttiva, in ossequio al più generale principio dell’equa partecipazione alla conservazione del bene comune, sulla disponibilità a sostenere i costi indiretti del PGDAC da parte degli utilizzatori privati (disponibilità a pagare).
Nella scansione dei tempi si è assicurato il massimo grado perseguibile di informazione e consultazione pubbliche (partecipazione pubblica) e l’accesso alle informazioni è garantito attraverso la disponibilità dell’accesso alle informazioni e ai documenti di riferimento, la pubblicazione di un programma temporale per la presentazione del Piano, la pubblicazione di un questionario on-line e incontri territoriali e tematici per l’illustrazione del Piano ai portatori di interesse pubblici e privati.
Nel Piano di gestione del rischio alluvioni per i Distretti Idrografici devono essere definiti gli obiettivi della gestione del rischio di alluvioni, evidenziando, in particolare, la riduzione delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, il territorio, i beni, l'ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche e sociali, attraverso l'attuazione prioritaria di interventi non strutturali e di azioni per la riduzione della pericolosità.
Entro il giugno 2013 sono state predisposte le mappe di pericolosità e di rischio secondo l’articolo 6 del Decreto 49/10. Nella redazione delle mappe di pericolosità sono state considerate: le alluvioni rare di estrema intensità, tempo di ritorno fino a 500 anni dall’evento (bassa probabilità); le alluvioni poco frequenti, tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (media probabilità); le alluvioni frequenti, tempo di ritorno tra 20 e 50 anni (elevata probabilità) e per ognuno di tali scenari sono stati indicati l’estensione dell’inondazione, l’altezza idrica o livello e le caratteristiche del deflusso.
Nella redazione delle mappe di rischio sono stati considerati diversi elementi quali il numero indicativo di abitanti potenzialmente interessati, le infrastrutture e strutture strategiche, i beni ambientali, storici e culturali di rilevante interesse, la distribuzione e tipologia delle attività economiche insistenti nell’area potenzialmente interessata, gli impianti di cui all’all. 1 al D. Lgs. 59/2005 e le Aree protette individuate all. 9 parte III del D. Lgs. 152/2006. La comunicazione e la partecipazione del pubblico sono aspetti importanti di molti processi di pianificazione tra i quali è incluso il processo di gestione del rischio di alluvione; sono inoltre attività richieste dalla normativa europea e definite in particolare agli articoli 9 e 10 della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE che stabiliscono:
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“Il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate ai sensi dell’articolo 10 di questa Direttiva dovrà essere coordinato, a seconda dei casi, con il coinvolgimento attivo delle parti interessate ai sensi dell’articolo 14 della Direttiva 2000/60/CE” (Art. 9, par.3).
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"In conformità con la normativa comunitaria applicabile, gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico la valutazione preliminare del rischio di alluvione, le mappe della pericolosità da alluvione, le mappe del rischio di alluvioni e i piani di gestione del rischio inondazione." (Articolo 10, par. 1).
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"Gli Stati membri incoraggiano la partecipazione attiva delle parti interessate alla revisione e all'aggiornamento dei piani di gestione del rischio di cui al capo IV." (Art. 10, par. 2).
La presentazione del piano gestione rischio alluvioni del distretto (PGRA) ha l'obiettivo di sviluppare un'adeguata partecipazione pubblica sia per arricchire e migliorare i contenuti dello stesso, sia per verificare la sostenibilità delle azioni in relazione agli eventuali effetti diversi da quelli voluti per il conseguimento degli obiettivi di riduzione del rischio idraulico.
- Prima puntata / prima parte (segue)
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