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Il Graal dell'energia pulita e i nuovi mostri del mare
Dopo il disastro giapponese di Fukujima si cerca di portare avanti il progetto di fonti rinnovabili con un occhio ai costi ed ai ricavi ottenibili. Una delle risposte alla nostra crisi energetica viene dal profondo dei nostri mari
Da tempo si cerca una soluzione che metta tutti d’accordo i governi, le lobby, i consumatori e le compagnie che gestiscono energia e la sua erogazione. In un mondo che dipende sempre di più dall’esigenza di fonti rinnovabili a prezzo modico dato il prezzo dei carburanti fossili con i suoi effetti collaterali sull’ambiente e i problemi connessi con il nucleare. La Gran Bretagna sempre in cerca di fonti alternative, per non dipendere da distributori di energia scomodi come la Russia, è ormai dagli anni ’70 assieme a Canada e Francia che insegue il Graal dello sfruttamento delle correnti marine come alternativa a buon mercato e dal quale attingere per coprire almeno un 25% del fabbisogno energetico nazionale. I tempi per fortuna sono cambiati e Kyoto è stato lo sparti acqua tra un diverso modo di sentire e considerare l’energia come viene prodotta cosa resta e a quale costo. L'Australia ha seguito la Gran Bretagna e istituito un agenzia governativa per l’iscrizione e sperimentazione di prototipi per lo sfruttamento delle corrente marine, come ci informa Glen Wright, tuttavia ancora in una fase embrionale. Il fiore all’occhiello rimane Orkney il centro per la ricerca, la progettazione e per lo sfruttamento delle energia marina, anche conosciuto come EMEC. Un idea tutta europea che sta dando i suoi primi risultati con soluzioni all’avanguardia e di tutta funzionalità. Ormai tramontati, anche se non completamente, i sogni della lobby sul nucleare dopo il disastro giapponese di Fukujima si cerca di portare avanti il progetto di fonti rinnovabili con un occhio ai costi ed ai ricavi ottenibili. Come sempre in questi casi c’è un cauto ottimismo, ma in Scozia e precisamente a Pentland Frirth si è aperto il Marine Energy Park. Un target ambizioso di 27GW di produzione per il 2050 equivalente a circa otto stazioni di produzione di energia elettrica normalmente alimentate a carbone, Il ministro in carica per l’energy and climate change Greg Barker affermando che “lo sfruttamento delle risorse marine per la produzione di energia ha il potenziale di creazione per migliaia di nuovi posti di lavoro e avendo delle credenziali green in crescita, con un potenziale ricavo di circa 15 miliardi di sterline per il 2050”. Compagnie private si stanno gia dando da fare per avere le concessioni di sfruttamento del fondale marino limitrofo. Una idea un po' più chiara si rica va anche da i progetti gia esistenti che Michael Hanlon e Jonathan Leak hanno esposto nel loro articolo apparso sul The Sunday Times del 29/07/2012. Oyster wave generator, Pelamis wave generator e i progetti della Rolls Royce per le turbine sottomarine azionate dalle correnti; quest’ultime non dissimili come concetto dagli impianti eolici convenzionali che sfruttano il vento. Pelamis è il progetto operativo già esistente che prende appunto il nome da uno dei serpenti marini; progettato e costruito ad Edinburgo è strutturato in quattro segmenti tubolari che sono congiunti da snodi idraulici i quali muovendosi dal basso verso l’alto azionano dei pistoni che pompano olio idraulico da un segmento all’altro. Questa azione genera corrente che viene poi trasmessa tramite un cavo a terra e poi distribuita. Oyster invece sfrutta il flusso motorio orizzontale delle correnti che muovono una porta di acciaio avanti o indietro azionano un pistone idraulico ad olio che a sua volta per effetto del movimento produce elettricità. Il successo di questi due progetti è dato soprattutto dall'attrito con l’acqua che è superiore di ottocento volte a quella dell’aria. Un altro punto di forza che spesso viene ignorato quando si guarda a queste tecnologie è la regolarità offerta dalla predizione di maree alte e basse determinate dalle fase lunari, qui con largo anticipo e calcoli a priori si può fare una previsione accurata del “volume energetico di raccolta”. I tempi stanno cambiando ed è adesso che bisogna progettare il futuro per raccoglierne i frutti fra poco più di vent'anni, un mondo meno inquinato, con un energia necessaria ed a basso impianto ambientale, gli stessi mammiferi marini sembrano divertiti più che intimoriti da progetti di questo tipo. Ancora una volta una delle risposte alla nostra crisi energetica viene dal profondo dei nostri mari, senza dissesto, scorie o residui chimici.
Carlo Bochicchio - Londra
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