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Rio+20: bocche asciutte e cattive abitudini
Secondo i dati dell’Unep, United Nations Environment Programme, dal 1992 al 2012, anno di questa seconda conferenza brasiliana delle Nazioni Unite, sono stati registrati pochi o nessun progresso per quanto riguarda l’inquinamento marino e delle falde acquifere, un ulteriore peggioramento delle scorte delle falde acquifere e per il 2015 si prevede che oltre 600 milioni di persone non avranno accesso all’acqua potabile.
Secondo i dati dell’Unep, United Nations Environment Programme, dal 1992 al 2012, anno di questa seconda conferenza brasiliana delle Nazioni Unite, sono stati registrati pochi o nessun progresso per quanto riguarda l’inquinamento marino e delle falde acquifere, un ulteriore peggioramento delle scorte delle falde acquifere e per il 2015 si prevede che oltre 600 milioni di persone non avranno accesso all’acqua potabile. La popolazione mondiale cresce, ma la risorsa idrica è sempre quella, e quindi bisogna rivedere le nostre abitudini perché, spiega all'AdnKronos - Salvatore Manfreda del dipartimento di Ingegneria e Fisica dell'Ambiente dell’Università degli Studi della Basilicata, “la siccità si innesca in relazione al territorio e alle esigenze delle persone che lo abitano”. Quella idrica è una risorsa rinnovabile sì, ma non infinita. Il Pianeta è ricoperto per 2/3 di acqua per un volume complessivo di 1,4 miliardi di Km3, che riguarda principalmente gli oceani che raccolgono il 97% dell’acqua totale (quindi non utilizzabile), mentre l’acqua dolce (2,5%) ha un volume di 120.000 km3 e non è tutta utilizzabile, ma contenuta per gran parte delle calotte polari sotto forma di ghiaccio ( 70%), sotterranea (30%) e solo per lo 0,34% presente in laghi e fiumi. A fronte di questo scenario, però, nell’ultimo secolo la popolazione mondiale è triplicata e la richiesta globale di acqua è cresciuta di sette volte; il consumo dei singoli individui è aumentato di quattro volte e sebbene per lo scopo primario (idratazione) un individuo ha bisogno di circa 3 litri di acqua al giorno, “in Italia il consumo è arrivato a più di 2000 litri al giorno: 350 di consumo individuale a cui si sommano altri 2400 litri per abitante al giorno per usi industriali e agricoli”, spiega Manfreda. Nella classifica dell’utilizzo insostenibile della risorsa, l’Italia occupa un posto d’onore. “Secondo le Nazioni Unite, il nostro è il terzo Paese al mondo per consumo procapite, preceduto da Stati Uniti e Australia”, aggiunge l’esperto. Bisognerà dunque rivedere consumi e abitudini sbagliate (basta pensare che lo sciacquone del Wc consuma il 28,4% di quel volume d’acqua quotidiano), perché in uno scenario immutato entro il 2050 circa metà della popolazione vivrà in Paesi con problemi cronici di reperimento di acqua. A comportamenti ed abitudini, si aggiungono poi i cambiamenti climatici. “Su scala europea, le proiezioni a 100 anni basate su modelli meteorologici prevedono un incremento della temperatura di 3 gradi con picchi di temperatura, accompagnato da una minore quantità di acqua nei fiumi perché la vegetazione ne tratterrà di più. Nel contesto delle proiezioni svolte, si evidenzia anche una riduzione delle precipitazioni su alcune zone, come sud Italia e Isole e Spagna”. Uno scenario che potrà portare “vantaggi per alcuni Paesi e svantaggi per altri, ma anche cambiamenti nella sfera produttiva e quindi per l’economia europea potrebbe cambiare”.
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